C’è un’altra potenziale fonte di caos sui mercati – e arriva dall’attrito (eufemismo) tra Donald Trump e Jerome Powell. Nella giornata di oggi il Presidente degli USA è tornato ad attaccare il leader di Fed, contestandogli un ritardo nei tagli ai tassi di interesse, anche rispetto all’Europa.
Jerome Powell ne ha guadagnato un nuovo soprannome – Too Late Jerome, Jerome che è in ritardo – e ha dovuto sorbirsi un altro attacco diretto dalla principale carica politica degli USA. Principale carica politica che però – almeno nell’attuale contesto legale americano, non ha potere di licenziare Powell. Le preoccupazioni però ci sono tutte, tant’è che Scott Bessent del Tesoro avrebbe inviato diversi messaggi alla Casa Bianca, invitando tutti alla calma. La questione infatti non è soltanto legale, ma anche di reputazione degli USA sui mercati finanziari globali.
Mercati finanziari globali la cui tranquillità dipende, in larga parte, dalla possibilità di continuare a ritenere gli USA un caposaldo almeno della separazione tra banca centrale e potere politico. Separazione che ora Donald Trump vorrebbe mettere in discussione.
Donald Trump può licenziare Jerome Powell?
Risposta breve: legalmente no, non può farlo. Chi ha fiducia nella tenuta del sistema legale USA pertanto – chi vi scrive è uno di questi il più delle volte – ritiene assurdo ogni tentativo di Trump di orientarsi verso una decisione del genere.
Un piccolo inciso: la questione riguarda anche Bitcoin e più in generale il mondo crypto. Così come riguarda ogni tipo di asset quotato sui mercati. L’arrivo di una decisione del genere porterebbe uno sconquasso tale sui mercati da farci ricordare le precedenti crisi – molto probabilmente – come una serata di gala.
Seminato il panico di cui abbiamo bisogno, torniamo alla questione principale. Legalmente ad oggi Donald Trump non può licenziare Jerome Powell, se non with cause, ovvero per giustificato motivo. Senza addentrarci eccessivamente nella giurisprudenza americana, dovrebbe trattarsi di corruzione, attività illegali, consistenti operazioni contro il mandato di Fed.
Jerome Powell, e sfidiamo da queste modeste pagine chiunque ad affermare il contrario, sta rispettando entrambi i suoi mandati, che sono quello di massimizzazione dell’occupazione e di controllo dell’aumento dei prezzi. Dato che l’inflazione – vedi grafico – sta tornando sì verso il 2% ma a ritmo eccessivamente lento, ha più che diritto a decidere di non tagliare a maggio, o a non farlo in queste condizioni per tutto il 2025.
Ancora in breve: se Trump dovesse tentare di licenziare Powell with cause, non ce ne sarebbero neanche alla lontana i presupposti legali.
Perché insistiamo sul “legalmente”?
Perché c’è teoricamente una strada. Inviare una cartolina di licenziamento a Jerome Powell, vedere lo stesso Powell contestare l’assenza di certi poteri in capo al presidente degli USA, e vedere poi il Presidente degli USA portare la questione fino alla Corte Suprema.
Può accadere? Certo. È probabile che accada? Certamente molto meno. Si tratterebbe di uno strappo eccessivo anche per il vulcanico modo che Trump ha di interpretare il suo ruolo. E sembrerebbe, secondo quanto ha riportato Politico che anche i suoi fedelissimi stiano cercando di riportarlo a più miti consigli.
I messaggi di Bessent
Secondo quanto riportato da Politico, Scott Bessent del Tesoro starebbe inviando messaggi privati allo staff della Casa Bianca e a chiunque abbia voce in capitolo ricordando del disastro che sarebbe per la credibilità del Paese e delle sue istituzioni un’ipotesi del genere.
Gli USA e la loro predominanza in campo finanziario ha sempre poggiato sull’enorme credibilità di Federal Reserve. Minarla così significherebbe sconquasso, significherebbe caos e significherebbe probabilmente perdere per sempre la reputazione di cui sopra. Qualcosa che nessuno sarebbe disposto a rischiare, neanche tra i fedelissimi del Presidente.