Quelli bravi direbbero fiscal dominance. Ne avevamo già parlato nel corso dell’ultima live su YouTube. Torneremo a farlo oggi in modo più approfondito, tenendo conto anche di quanto emerso dalla conferenza stampa di Jerome Powell a Jackson Hole.
Con una promessa: siamo nel campo della speculazione più pura – e serviranno altri elementi per capire se sarà davvero questo il corso che l’economia USA, così le altre, seguiranno. Una situazione complessivamente… complessa e che però potrebbe essere l’anticipazione di un cambio epocale.
Da Jerome il Ritardatario a Jerome il Pavido
È molto difficile essere il presidente della banca centrale più importante del mondo. È doppiamente difficile quando sei in contrasto con il presidente politico più potente del mondo. È triplamente difficile quando quel presidente è Donald Trump. Questa situazione va certamente riconosciuta e va scontata dalle colpe di Jerome Powell.
Rimangono però altre questioni, che scriveremo in breve qui per poi analizzarle una a una. Con un’ulteriore premessa, sono tutte positive per Bitcoin.
- È poco credibile confermare un target del 2% per l’inflazione quando questa è stata sopra per oltre 50 mesi;
- È poco credibile farlo mentre si segnalano tassi, anche se con le lunghissime perifrasi alle quali JPow ci ha abituati.
- È un disastro quando lo si fa da presidenti dell’ultima istituzione finanziaria credibile del pianeta: Federal Reserve.
Anche chi non ha mai voluto dare ragione a chi preferisce una politica monetaria certa e prevedibile, quella di Bitcoin, ora dovrà fare ammenda.
Un target di fantasia
Federal Reserve ha aggiornato il suo framework. Nel farlo ha confermato il target dell’inflazione al 2%. Tutto prevedibile, se non fosse che c’è un elefante nella cristalleria, che vedete riprodotto nel grafico.
È dal marzo 2021 che l’inflazione è sopra il target appena confermato da Federal Reserve. E a questo punto è più che lecito chiedersi che senso abbia parlare di target. Federal Reserve è plenipotenziaria nella decisione della politica monetaria. Se questi sono gli effetti… andiamo bene.
È il momento di tagliare?
Guardiamoci in faccia senza mentirci. Tutti i possessori di asset che ne beneficeranno vedono come necessari i tagli. Scelgono soltanto i dati che gli fanno comodo, guardano alle revisioni dei dati sul mercato del lavoro, predicano disastri e chiedono… tagli.
Non stiamo dicendo che non ci sono estremi per tagliare. Stiamo dicendo che è invero assai curioso segnalare tagli possibili mentre la situazione dell’inflazione è al rialzo (come ha ripetuto, incredibilmente, lo stesso Powell). Ed è assai curioso che nel giro di 1 anno scarso (dall’estate scorsa) Powell ha ceduto alla politica non una, ma due volte.
Il taglio da 50 punti base, poi seguito da un taglio da altri 25 punti base prima delle elezioni, appare ancora più bizzarro tenendo conto poi che Fed è stata ferma per almeno 1 anno.
La storia lo giudicherà
È assai difficile fare le pulci in diretta a un uomo che sta affrontando, quasi da solo, un momento così particolare. Sarà certamente la storia a tirare le somme e, con il senno di poi, ad attribuire colpe e meriti.
Rimane comunque il fatto che alcuni dei comportamenti di Powell più che data driven (guidati dai dati, come ama ripetere) sembrano essere quelli del famoso vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. Quel Don Abbondio di manzoniana memoria che mai avremmo sognato di utilizzare come categoria dello spirito per un presidente di Fed.
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