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CME TOKENIZZAZIONE

Borse tradizionali FALLISCONO: tokenizzazione crypto rivoluzione NECESSARIA

È davvero così facile migliorare i mercati?

Il CME, la più importante delle borse derivati del mondo, ieri è stata offline per più di 12 ore. Non si trattava di una chiusura per il Giorno del Ringraziamento, ma di un problema tecnico che ha mandato in panne il mercato più rilevante del pianeta. Dal CME passano infatti i contratti sui futures delle materie prime, delle azioni e oggi anche i più importanti dei contratti sui futures crypto (in particolare Bitcoin e Ethereum).

Come ha giustamente ricordato qui Alex Lavarello, è stata una vittoria per sistemi, come quello di Bitcoin, che invece hanno un invidiabile uptime. Ovvero non smettono mai di funzionare. Nel mondo crypto più in generale i malfunzionamenti ci sono, ma comunque si riesce in genere a intervenire in modo rapido e a ripartire anche nelle situazioni più complicate.

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I mercati tradizionali e centralizzati falliscono

È stato un outage – come si chiama in gergo tecnico, molto preoccupante. I server di CME hanno smesso di funzionare – parrebbe a causa di un problema di raffreddamento – e hanno lasciato il mondo privo dell’informazione più importante di tutte, ovvero quanto costano materie prime, criptovalute (anche se qui il discorso è stato… diverso per la presenza di altri scambi/exchange), e anche azioni e indici delle principali borse.

CME UP
I volumi del CME sono tra i più importanti al mondo – e di gran lunga i maggiori sui derivati, a livello globale
  • È stato un fallimento del mondo della finanza tradizionale?

Si potrà contestare che è si è trattato di un chiaro fallimento dell’organizzazione della finanza tradizionale, che non è assolutamente libera da certi tipi di problemi. Quello di ieri è stato più importante e rilevante del solito, dato che si è esteso per più di 12 ore, complice probabilmente la sua coincidenza con il Giorno del Ringraziamento.

Sì, è stato un fallimento della finanza tradizionale, con però dei risvolti più importanti di quelli che potrebbero apparire dopo un primo sguardo superficiale.

Velocità contro stabilità

Se c’è qualcosa che abbiamo imparato dal mondo crypto è che esiste un trade off tra velocità e stabilità dei sistemi. Bitcoin e Ethereum, che sono più lenti rispetto a certe chain di nuova generazione, hanno storicamente avuto meno problemi.

Ethereum – a che ci risulti – non è mai andato offline durante i 10 anni della sua esistenza. Potremmo considerare come problemi l’attacco DoS tra settembre e ottobre 2016 (ma il network è in realtà sempre rimasto in piedi, anche se molti nodi erano andati in crash). Potremmo considerare come problema gli stalli in Geth dopo il periodo tra Berlin e London, ma la verità è che un blackout totale non crediamo si sia mai avuto.

Bitcoin? Più meno sulla stessa barca. Per 6 ore nel 2013 abbiamo avuto un chain split durato circa 6 ore. Ma parlavamo comunque dei primordi del network. E per un problema che è durato comunque meno di quello del CME.

Velocità e centralizzazione

È indubbio anche che centralizzazione dell’infrastruttura e velocità della stessa vadano di pari passo. Senza ora entrare in questioni squisitamente tecniche, è indubbio che una delle soluzioni alla lentezza di certi network (Bitcoin sarebbe inservibile per una borsa come il CME, almeno in termini di infrastruttura) si può risolvere… centralizzando.

Il problema è quando la centralizzazione supera certi livelli – vedi appunto il CME di ieri – e un evento per quanto non frequente diventa in grado di mandare offline tutto il network.

La soluzione non è semplice, non esiste alcun manuale per decidere il giusto grado di centralizzazione e decentralizzazione, di giusto equilibrio tra affidabilità e prestazioni.

Tokenizzazione potrà risolvere il problema?

In parte – e a patto che i mercati si organizzino per non affidarsi in ogni millisecondo sulle blockchain che li sostengono. Con ogni probabilità – e almeno secondo quelli che sembrano essere gli intendimenti attuali – ci sarà un doppio livello di mercati centralizzati al livello più basso che poi finiscono per registrare le transazioni, in batch, sulle blockchain.

Potrebbe venirne fuori un sistema probabilmente più solido e comunque più decentralizzato. Che però apre ad un altro problema, che vedremo però in un altro approfondimento, quello della liquidità. Il CME funziona – o meglio è gettonato – anche perché è un mercato molto liquido, e questo deriva dal fatto che la liquidità è concentrata su una sola piazza (o comunque su una sola che è rilevante). Cosa succederà alla liquidità quando sarà eventualmente sparpagliata su più mercati?

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Salvatore Coniglio
Salvatore Coniglio
16 giorni fa

L’analisi sull’outage del CME è corretta: la fragilità della centralizzazione è il rischio sistemico che i mercati T+2 (citati dal Corriere) non possono più ignorare. Tuttavia, per i volumi istituzionali, la soluzione non è BTC o ETH.
La sfida della finanza è unire Resilienza, Velocità e Legalità. Bitcoin ed Ethereum, per quanto decentralizzati, non garantiscono la finalità (T+0) né i costi necessari per il settlement istantaneo e scalabile richiesto dalla finanza istituzionale.
Ho sviluppato un framework strategico che risolve questo trilemma: il DPER (Digital Private/Public Efficiency Rail).
DPER è l’infrastruttura di mercato che:

  1. Utilizza Solana per garantire il Regolamento Atomico T+0 (contro i blackout del CME e la lentezza T+2).
  2. Si basa su Stablecoin MiCA in Euro per fornire uno Scudo Legale contro i timori di riciclaggio e per assicurare la Sovranità Valutaria dell’Eurozona.

Non si tratta di una scelta crypto, ma di un imperativo di sopravvivenza finanziaria.
Il DPER è pronto e a disposizione di chi voglia svoltare concretamente con le stablecoin e la tokenizzazione dei capitali europei.