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JEROME LATE

Jerome il Ritardatario: Donald Trump assalta il presidente di Fed. Chi ha ragione e cosa conviene a BITCOIN e crypto

Jerome Powell è in ritardo, secondo il presidente degli USA. Chi ha ragione?

Too late Jerome. Questo è il nomignolo che il presidente degli Stati Uniti ha affibbiato a Jerome Powell, presidente di Federal Reserve. Jerome il ritardatario, perché starebbe rimandando – senza motivo a detta di Trump – il taglio ai tassi. Afferma il presidente che l’inflazione è virtualmente zero e che – al netto di questo suo impuntarsi sul no tagli per ora – lo apprezza tanto.

Non che ci si aspettasse altro, ma a poche ore dalla decisione del FOMC di lasciare i tassi invariati è già arrivata la frecciata dalla Casa Bianca verso Federal Reserve.

Non è certamente il primo degli attriti, nel corso della storia, tra Casa Bianca e Fed. Certamente però è la prima volta che i toni diventano quelli di cui sopra. Ma è davvero in ritardo Jerome Powell? E cosa vorrebbe dire essere in ritardo per Bitcoincompralo qui in PAC qui! – e per il mondo crypto?

Ciclo, inflazione virtuale e tassi: di cosa viene accusato Jerome Powell?

In realtà non è la prima volta che Jerome Powell è stato accusato di essere in ritardo. Tipicamente avviene ogniqualvolta le borse segnalano qualche problema o quando ci sono delle correzioni. Non lo vedi, Jerome, che siamo nel bel mezzo di una crisi? – tuonano gli analisti che, seguendo la pancia di Wall Street, vorrebbero tassi assai più bassi.

  • Cosa vuol dire essere in ritardo?

Vuol dire non avere tagliato i tassi quando sarebbe stato utile per evitare una recessione. Il taglio ai tassi ha effetti di stimolo – per quanto si trasmetta all’economia con un certo ritardo – e intervenire troppo tardi vuol dire accompagnare l’economia verso la recessione.

Operando per tempo, invece, tale recessione si potrebbe evitare, o comunque addolcire.

  • Perché non taglia?

È la domanda che si fa Trump, che però non guarda ai dati ufficiali ma a non meglio precisati dati virtuali. Dati virtuali che – sempre a detta di Trump – includerebbero la spesa alimentare e… le uova, al centro di un grande movimento inflativo nel corso degli ultimi mesi negli USA.

Tuttavia gli indicatori più importanti utilizzati da Federal Reserve per quanto riguarda l’inflazione (PCE, PCE Core) dimostrano che si è ancora troppo lontani dall’obiettivo del 2% per tagliare. Questo almeno secondo i dati ufficiali e anche l’economia ortodossa. La seconda non è detto che sia ancora granché apprezzata ai piani alti della politica USA, in particolare alla Casa Bianca.

L’opzione migliore per Bitcoin

Se dovessimo trasferirci in un universo ipotetico dove l’unica cosa che conta è il prezzo di Bitcoin, probabilmente il più scellerato degli esiti di cui sopra sarebbe la cosa migliore. Tagli subito, che piacciono agli asset risk on come Bitcoin.

E poi una spinta all’inflazione, che da un lato renderà difficile il ritorno alla normalità, dall’altro invece potrebbe finalmente mostrare la vera natura di Bitcoin: una riserva di valore, come dice Larry Fink di BlackRock, che è un’assicurazione contro la gestione allegra delle valute nazionali.

Bisogna dunque tifare affinché sia Trump ad emergere vittorioso da questa contesa? Dipende dai punti di vista. E dipende probabilmente da altri due fattori: il primo è quanto sia vero che viviamo – noi appassionati – in un universo dove conta solo Bitcoin.

Il secondo è quanto sia possibile che un taglio ora sia in realtà sbagliato. Perché se è vero che le teorie economiche della Casa Bianca non appaiono granché solide, è altrettanto vero che in questo momento scommettere sul ritardo dell’azione di Powell è molto difficile.

Cosa ci dicono i numeri: aspettative dei mercati, denaro

Quando la situazione è così incerta, il modo migliore di operare è quello di rifugiarsi nella calda e accogliente realtà dei numeri: come abbiamo visto ieri durante la live sul nostro Canale YouTube – FedWatch Tool indica come improbabili i tagli anche a giugno.

Le probabilità per i tagli a giugno

Seconda realtà dei numeri interessante è quella del PIL: anche Jerome Powell è dell’avviso che la lettura ultima sia stata eccessivamente condizionata dagli acquisti per anticipare i dazi e che dunque potremmo vedere una crescita… tornare a affacciarsi anche nei numeri ufficiali.

Questo a patto che si possa effettivamente superare il problema dazi. Oggi avremo un assaggio di ciò che potrà accadere, perché alle 16:00 ora italiana il presidente Trump dovrebbe annunciare l’accordo con il Regno Unito.

Probabilmente non si tornerà alla situazione pre-dazi, ma sarà un buon metro per capire quali siano gli spazi di manovra anche con il resto dei partner (e dei paesi meno partner, come la Cina).

È l’unica cosa che conta per Bitcoin e crypto?

In realtà ne abbiamo già parlato in relazione alla Cina. A livello globale, con rare eccezioni, si va verso un allentamento delle restrizioni monetarie. L’Europa è già a buon punto, la Cina continua a iniettare denaro (anche a causa dell’incertezza causata dai dazi).

Da qui a fine anno anche gli USA dovranno necessariamente tagliare e tornare possibilmente in territorio di tassi sotto al neutrale – ovvero alla politica monetaria espansiva. Questo a meno che non si debbano fronteggiare dei problemi molto più importanti, come una… stagflazione. Ma è un’ipotesi che per ora nessuno vuole mettere sul tavolo, vuoi per scaramanzia, vuoi perché di spazio per uscirne nel migliore dei modi c’è ancora.

Per Bitcoin e crypto diverse delle situazioni di cui sopra potrebbero effettivamente dare una mano: noi preferiremmo sempre sul medio e lungo periodo un ritorno alla normalità finanziaria e economica, certi che sia Bitcoin sia il grosso delle crypto abbiano sostanza a sufficienza per prosperare anche in assenza di grosse crisi.

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