Lo si potrebbe intitolare tutti i problemi di Cipollone. La verità però è che il piano impostato (e imposto) da BCE per l’Euro Digitale fa acqua da tutte le parti e ha già fallito nel condizionare le scelte del settore bancario privato. Giovedì scorso Deutsche Bank ha lanciato il suo EURAU, una nuova stablecoin in collaborazione con Galaxy, che sarà ancorata all’euro e che come avevamo raccontato qui sarà gestito da un consorzio.
Per quanto riguarda i numeri sarà probabilmente una questione di poco conto: dubitiamo infatti che le stablecoin legate all’euro avranno un futuro eccessivamente roseo o comunque in grado di competere con quelle legate al dollaro USA. È un messaggio però forte verso Francoforte: si crede poco all’euro digitale, soprattutto tra chi dovrebbe farsene promotore, e cioè le banche private.
Cipollone, Lagarde e le fanatiche
Chi segue gli account social della Banca Centrale Europea si sarà certamente accorto dell’intensificarsi di post sull’Euro Digitale, sulle sue salvifiche proprietà e sul suo ruolo di salvatore ultimo della sovranità monetaria europea.
Un tam tam sui social che più che rassicurare la cittadinanza ha sempre di più l’aspetto di una richiesta di aiuto. Di quei messaggi che nei film arrivano dai sottomarini in difficoltà, senza che nessuno possa farci nulla.
Una breve cronistoria per chi si fosse perso le ultime evoluzioni: le banche hanno detto a chiare lettere di non essere granché convinte della bontà dell’euro.
C’è la paura – concreta – di essere tagliate fuori dal giro dei depositi, cosa però che Piero Cipollone (l’italiano in BCE, nonché maggiore sponsor dell’euro digitale) ha smentito, cercando appunto di rassicurare gli istituti.
- L’obiettivo: un fronte pubblico-privato contro le stablecoin
L’obiettivo dichiarato era quello di un fronte comune pubblico (con BCE) e privato (con le banche). Cosa che però sembrerebbe essere già naufragata.
Prima Societe Generale in Francia non solo ha puntato su una stablecoin legata all’Euro, ma ne ha emessa anche una ancorata al dollaro. Poi, come un fulmine a ciel sereno, Deutsche Bank, in una joint venture (cosa ancora più grave per BCE) con i cattivissimi americani delle crypto.
Anche per i retail
La cosa forse più interessante è che queste due banche – di enorme rilevanza all’interno del panorama europeo – stanno in realtà lanciando o hanno già lanciato delle stablecoin che puntano a servire anche i cosiddetti retail, ovvero clienti privati normali e non soltanto chi ha accesso ai servizi bancari all’ingrosso.
Altro schiaffo – metaforico, ça va sans dire – per BCE e per chi all’interno dell’istituto credeva che avrebbe avuto vita facile a imporre una nuova forma di denaro che almeno per il momento non sembra piacere a nessuno, se non a BCE stessa.
Ora il gioco si fa duro
BCE può contare su un budget pressoché illimitato e – ci raccontano da Roma – sta anche muovendo a livello politico per trovare appoggio presso i parlamenti che dovranno poi approvare l’entrata in vigore dell’euro digitale. Movimenti che sanno anche questi di disperazione, dato che anche a livello nazionale degli stati membri non sembra che in tanti siano poi così entusiasti della possibilità di avere una nuova forma di euro governata completamente da Francoforte anche in termini di canali di pagamento.
Intanto le banche principali del continente si adoperano per avere un’alternativa privata e propria, seguendo un trend che negli Stati Uniti viaggia davvero a tutta forza, complice anche il passaggio del GENIUS Act, un complesso di norme che regola il comparto negli States allo scopo di renderlo dominante in ambito digitale ovunque si riesca.
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