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Bitcoin: Strategy è davvero in crisi? Rischi per azienda e mercati

È forse il momento più difficile di sempre per Strategy. Le profezie di sventura però...

È forse il momento più duro da quando Strategy ha avviato la sua strategia di accumulo di Bitcoin. Da un lato c’è infatti il prezzo di Bitcoin che non è esattamente dei più entusiasmanti, e dall’altro un andamento delle azioni ordinarie $MSTR che è stato peggiore di quello di $BTC. Ad aggiungersi ai due problemi di cui sopra troviamo anche il potenziale delisting da due importanti indici (MSCI USA e NASDAQ 100), questione che non è ancora definita ma che potrebbe sottrarre alle azioni dell’azienda una quantità importante di investimenti passivi.

Situazione così complicata da costringere il patron Michael Saylor a intervenire ovunque possibile, compreso il suo account X – ne abbiamo parlato qui – e anche in TV. Ma la situazione è davvero così grave?

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Per chi suona la campana? Per Michael Saylor, per ora

Strategy è in difficoltà. Al contrario però di quanto scrive la miriade di cialtroni a caccia di visualizzazioni su X, il gruppo non è in potenziale difficoltà finanziaria. A poter subire dei rallentamenti e a vivere delle difficoltà importanti è infatti il piano ambizioso di acquisti che vorrebbe raggiungere quota 42 miliardi di dollari investiti in Bitcoin.

Le difficoltà hanno iniziato a svilupparsi su tre fronti:

  • Azioni ordinarie

Hanno perso valore in modo importante e più violentemente di quanto avvenuto al prezzo di Bitcoin. Si è andati sotto la parità BTC/cap di mercato delle azioni – e questo rende molto difficile emetterne di nuove per raccogliere capitale da investire in Bitcoin.

  • Azioni speciali

Sono prodotti finanziari complessi che però fino a oggi hanno avuto qualche difficoltà a offrire un flusso di capitali crescente. Anzi, quelle emesse negli USA continuano a raccogliere poco. Quelle europee, al primo lancio, hanno raccolto centinaia di milioni di euro, ma si dovrà vedere se saranno in grado di fare lo stesso in futuro.

  • Indici

L’inserimento nei principali indici azionari è ambito dalle principali aziende mondiali, perché tali indici vengono replicati da prodotti passivi come gli ETF e dunque comportano automaticamente investimenti sostanziosi. Per MSTR nel complesso siamo intorno ai 9 miliardi di dollari, che se dovessero venire a mancare, eserciterebbero ulteriore pressione sul prezzo delle azioni ordinarie, rendendo ancora più difficile l’accumulo di capitale tramite emissione di azioni ordinarie.

Impegno incessante

Mentre crescono i dubbi sulla tenuta della strategia di Saylor, lo stesso è tornato ad affermare che l’impegno personale e aziendale su Bitcoin è indefesso. E che dunque il gruppo continuerà a individuare strade per accumulare capitale, aggiungiamo noi.

Ha anche detto che non sarà l’inserimento o meno in un indice a definire l’azienda, per quanto – è innegabile – si tratterebbe di un duro colpo che però i mercati sembrerebbero aver già scontato.

Nonostante si possano fare tante dotte elucubrazioni sul futuro di MSTR Strategy, rimane comunque una verità importante dalla quale partire per capire la situazione: il sentiment su BTC è ai minimi ed è da qui che parte una crisi che – date le comunque ottime condizioni finanziarie dell’azienda – potrebbe essere superata facilmente con un’inversione dello stesso.

Per il resto, non ci sono rischi di vendita sul breve periodo – almeno finché i (modesti) dividendi che l’azienda può decidere di pagare potranno coprirsi con cash o con emissione di azioni ordinarie in misura comunque contenuta.

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Sergio Tomasoni
Sergio Tomasoni
22 giorni fa

Un mercato del nulla,che drena liquidità sottratta ad investimenti più produttivi

Sergio Tomasoni
Sergio Tomasoni
22 giorni fa

Le stablecoin hanno invece una funzione monetaria e bancaria insieme, permettono a zone trascurate e instabili di intergrarsi nel commercio mondiale. Il bitcoin è un gioco delle macchinette, alto rischio e arricchimento facile, una roulette. Non capisco come la si possa trattare come una moneta. Se invece di bitcoin si chiamasse pesos, si capirebbe l assurdità di queste

la mamma di Antonio
la mamma di Antonio
22 giorni fa

con “intergrarsi nel commercio mondiale” intendi “diventare schiave del dollaro e di chi ne decide le politiche monetarie”, vero? Allora siamo d’accordo!

Sergio Tomasoni
Sergio Tomasoni
18 giorni fa

Purtroppo il 3 mondo funziona diversamente da noi, non ci sono banche a portata di mano , ma neanche valute come dollaro o euro accettate dai cinesi o comunque da fornitori. Thether infatti non opera in Europa o in Usa , dove non serve , ma proprio nel 3 mondo , dove non hanno alternative, e ha allestito punti sul tipo Western union per permettere a operatori buoni e cattivi di usare il denaro locale x importare …e altro..