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Crisi delle Banche NON spaventa Bitcoin! Già 28.000$ e….

Le banche non frenano Bitcoin, che anzi approfitta del loro recupero sul breve. 28.000$ consolidati, in attesa del 22 marzo.

No, la crisi bancaria non sta facendo paura a Bitcoin, per quanto sia ancora difficile ritenere l’aumento di valore da inizio crisi come segno della corsa verso il porto sicuro di $BTC. Parlano per ora i numeri e dicono 28.000$ superati in attesa del FOMC di domani – mercoledì 22 – quando ne sapremo di più sia in merito alla crisi bancaria in corso, sia per quanto riguarda le decisioni della banca centrale più potente del mondo.

Una corsa, quella di Bitcoin, sulla quale in pochi avrebbero scommesso nel mezzo di una crisi dai contorni ancora difficili da disegnare, per quanto BCE, Fed e le massime autorità politiche del globo si affannino a ripetere che questo non è il 2008 e che il sistema bancario è solido, liquido e con buoni cuscini per proteggersi dagli urti anche imprevisti.

Qualcuno, romanticamente ma non troppo, ci legge anche una legge del contrappasso: mentre tutte le banche più importanti del mondo prendevano le distanze da Bitcoin è stato il vecchio sistema della finanza tradizionale ad andare in crisi, e ad andarci per una seconda volta in poco più di quattordici anni.

Bitcoin consolida i 28.000$ in attesa del 22 marzo

Bitcoin consolida, in apertura della sessione europea i 28.000$ che erano stati persi durante la nottata, confermando di essere rapace a sufficienza da sfruttare sia la crisi delle banche, sia i primi rimbalzi dei titoli bancari sulle borse europee. Mattinata aperta con difficoltà ma che sembrerebbe essere diventata l’ennesima scalata verso l’alto, almeno mentre vi aggiorniamo sulla situazione dei mercati.

  • Banche o no: Bitcoin va su

Così come durante il lungo bear market abbiamo visto Bitcoin diventare asset di rischio o meno a seconda di cosa convenisse di meno, ora la situazione sembra essere completamente capovolta. Soffrono le banche? Si va su. Le banche recuperano in borsa? Ibidem.

Una situazione che segnala sicuramente il grande entusiasmo tornato intorno ad un asset che viene scambiato quasi al doppio dei minimi raggiunti durante il caso FTX e il conseguente fallimento di uno degli exchange più ricchi e importanti al mondo.

Altre preoccupazioni per il mondo economico
  • Il contrappasso

Curioso anche fermarsi un attimo a ricordare come siamo arrivati a questo punto. Poco prima del caso Silicon Valley Bank diverse banche crypto erano finite sul banco degli imputati perché ritenute a rischio, poco liquide e prossime al fallimento. I problemi per Silvergate sembravano aver confermato questa lettura, che sarebbe stata un grande appoggio politico per le autorità USA per imporre normative più restrittive.

Normative più restrittive che avrebbero colpito tanto gli exchange quanto le banche che gli offrono servizi. A ristabilire un po’ di verità è arrivato poi il caso Silicon Valley Bank, banca con legami scarsi con il mondo crypto e che il cui fallimento stava invece creando un effetto contagio inverso rispetto a quello che tutti si sarebbero aspettati. E cioè rischi trasferiti verso e non da un progetto cripto, con USDC che ha passato giusto 2 settimane fa un weekend di paura e delirio, salvo poi recuperare la parità con il dollaro.

Mercoledì 22 marzo la parola a Powell

Domani il mondo si fermerà a guardare e ascoltare Jerome Powell, capo di Federal Reserve che guiderà il FOMC, riunione dei diversi governatori delle sezioni indipendenti di Fed che dovranno decidere il da farsi sui tassi di interesse USA.

Nel momento in cui viene redatto questo speciale il mercato sembrerebbe orientato verso un rialzo di 25 punti base, con i 50 punti base che sono a questo punto completamente esclusi. Ci sono alcune considerazioni da fare a riguardo, sulle quali torneremo poi domani in uno speciale apposito.

  • Jerome Powell deve salvare la faccia

La gravità del momento imporrebbe maggiore prudenza e forse di non alzare i tassi in un momento già complicato per le banche. Jerome Powell però ha due guerre da combattere: la prima è per salvare la propria faccia nella lotta all’inflazione. Dopo uno dei rialzi più repentini di tassi della storia degli USA, fermarsi adesso dopo che si erano preventivati altri 50 bps sarebbe un duro colpo per la credibilità di Fed.

La seconda delle guerre è quella contro il panico. In pochi sembrano prendere in considerazione che i movimenti dei tassi di interesse, oltre ad essere questione direttamente economica, funzionano anche da messaggio. E che tipo di messaggio invierebbe ai mercati dicendo nessun rialzo, la situazione è grave?

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