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1 MILIONE di BTC sono ora in mano agli ISTITUZIONALI – cosa significa davvero per Bitcoin?

Mentre voi guardate alla price action di Bitcoin nel breve periodo, gli istituzionali fanno piazza di monete.

Fino a pochi anni fa, nessuno si sarebbe mai aspettato una tale legittimazione del network Bitcoin ai piani alti della finanza tradizionale, con oltre 1 milione di BTC che ora appartengono ai “poteri forti”, in larga parte alle società quotate a Wall Street. Quello che un tempo era teatro della forma più pura di emancipazione e libertà finanziaria, oggi vede salire sul palco anche quegli attori che, per anni, lo hanno osservato con diffidenza e criticato apertamente le sue caratteristiche trustless. Con Kraken e hai 15€ di BITCOIN IN REGALO qui : versa almeno 100€ al primo deposito ed ottieni subito questo premio. Promo incredibile da parte di uno degli exchange più storici del settore!

In molti considerano questa apertura di Bitcoin un grosso problema, sia per motivi di centralizzazione della supply, sia perché in questo modo si rischia di snaturare la sua essenza e la sua peculiarità di moneta aperta a tutti. Ci sono però alcune considerazioni che dobbiamo fare e che speriamo vengano assimilate da voi lettori, nella speranza di non lasciarvi più trasportare da sterili dibattiti da bar e letture scellerate che spesso troviamo su X. La realtà delle cose non è mai come appare in superficie.

Bitcoin sempre più voluto dagli istituzionali: 1 milione di BTC nelle loro mani

Secondo quanto riportato dai dati Glassnode, attualmente 1,08 milioni di BTC, pari al 5,4% della supply circolante, per un controvalore di $100 miliardi, sono detenuti dal segmento degli istituzionali. Questo copre Tesorerie Bitcoin, miners e più in generale aziende pubbliche e private che negli ultimi anni hanno deciso di inserire sempre di più la criptovaluta nei propri bilanci o nelle proprie strategie di investimento.

L’aumento è oggettivamente impressionante se guardata a partire da gennaio 2023, quando il dato del “Treasury Balances” segnava appena 197.000 BTC. Ciò significa che in meno di 3 anni c’è stata una crescita del +448%, dato folle che va comunque contestualizzato con il periodo di apertura di Bitcoin nei confronti delle borse tradizionali. Il lancio degli ETF in particolare, ha sancito di fatto un’evoluzione semantica del ruolo della moneta nella finanza moderna, non più come giochino speculativo ma come asset ad alta volatilità.

Treasury balances
Bitcoin TreasuryFonte dati: https://x.com/glassnode

Vi facciamo notare come il grosso del bilancio sia detenuto da Strategy, che vanta riserve in cassa per 660.000 BTC, seguito da Block.one, Tether Holdings, Mara Holdings, Twenty One Capital, Metaplanet, ed altre numerose entità.

Partecipano al banchetto anche gli ETF

La chart di Glassnode non tiene conto, tra l’altro, nemmeno dei Bitcoin che ora sono custoditi dagli emittenti ETF americani, e dalle società globali che offrono prodotti strutturati come ETP ed ETN. Complessivamente questa sezione possiede un bilancio di 1,64 milioni di BTC, pari a $151 miliardi, cifra addirittura maggiore rispetto a quella relativa alle treasuries.

L’ETF di BlackRock, IBIT, possiede da solo quasi la metà del bottino, con 776.032 BTC, rendendolo di fatto il singolo veicolo con la maggiore quantità di Bitcoin in custodia al mondo. A seguire troviamo Fidelity, Grayscale con i suoi due fondi separati.

Bitcoin custoditi da ETF
Bilancio ETFFonte dati: https://bitcointreasuries.net/etfs-and-exchanges

Eccessiva concentrazione della ricchezza in Bitcoin?

Qualcuno di voi, guardando questi dati, penserà che una porzione troppo importante della supply di Bitcoin è centralizzata su pochi attori. Da quando gli istituzionali sono entrati a gamba tesa sul mondo crypto, la sensazione diffusa tra il pubblico è che BTC abbia perso la sua condizione di asset aperto, decentralizzato e senza intermediari.

In realtà però dobbiamo fare qualche riflessione per poter inquadrare il fenomeno dalla giusta angolazione.

Innanzitutto, anche ipotizzando una concentrazione della ricchezza, questo non si tradurrebbe in una centralizzazione del protocollo. Il protocollo Bitcoin non attribuisce potere decisionali in base alla quantità di sats posseduti. Il consenso resta indipendente dalla distribuzione della supply. Non dovete chiedere il permesso a Michael Saylor o Larry Fink per poter effettuare una transazione.

Poi, punto ancora più importante, questa presunta “concentrazione”, non è effettivamente così marcata. Infatti per quanto riguarda ETF, Tesorerie e prodotti strutturati, i Bitcoin custoditi rappresentano la quota acquistata da migliaia e migliaia di investitori diversi. Il fatto che loro custodiscono questi BTC non significa che ne hanno il controllo. Parlare di “pochi attori” è estremamente fuorviante in questo caso.

Bitcoin diventa solo più “famoso”

Bitcoin si è soltanto evoluto e sta proprio ora attraversando il periodo più florido della sua maturazione come asset di investimento mondiale. È anche per certi versi fisiologico che sia diventato merce apprezzata da soggetti con grandi capitali e da investitori più incravattati.

Proprio perché Bitcoin è aperto a tutti, non possiamo mica lamentarci se anche gli istituzionali abbiano deciso di partecipare a questa rivoluzione. La moneta è semplicemente diventata più famosa, ed ha dimostrato di poter rientrare, seppure in minima parte,  all’interno di molte asset allocation “tradizionali”, vista la sua componente fortemente volatile e la sua scarsità programmata. 

Potete tranquillamente non essere d’accordo con queste affermazioni, e pensare che gli istituzionali abbiano depredato il nostro mondo. Ma, non potete fare altro che… comprare più sats di loro, se ne avete le disponibilità. E comunque, come detto poc’anzi, questo non renderebbe il network più decentralizzato.

Piuttosto, se avete a cuore il futuro trustless dell’ecosistema: preoccupatevi di installare il vostro nodo, di detenere fondi in self-custody, di favorire sempre di più protocolli P2P e strumenti volti alla privacy, ed evitate di passare sempre e comunque presso canali chiusi e gestiti da intermediari (questa si che è la vera contraddizione di Bitcoin).

Bitcoin è di tutti (anche degli istituzionali), e non possiamo farci nulla

Il fatto che oggi esistano anche strumenti indiretti per esporsi a Bitcoin è un’ulteriore conferma della sua maturazione come asset globale. Negli anni sono nate sempre più società quotate che operano attorno al network, come miners, exchange, aziende infrastrutturali e realtà legate più in generale al mondo crypto , ed offrono nuove modalità di esposizione per chi preferisce muoversi attraverso i mercati tradizionali.

Non ve lo diciamo perché sono alternative  “migliori” o “peggiori”, ma per farvi ragionare sul fatto che ad oggi la presenza di così tanti canali diversi riflette quella che è la crescita di Bitcoin. A tal proposito, per i più curiosi, il nostro GG ha preparato ieri un video in cui illustra tutte le principali stock del mondo crypto, e spiega anche dover fare attenzione.

Che vi piaccia o meno, Bitcoin è di tutti. Sta a ciascuno di noi decidere se usarlo come strumento di libertà o ridurlo a semplice veicolo speculativo.

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