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LEGGE DI BILANCIo

Tasse crypto: 33% quasi certo e un favore alle banche. Le manine nelle vostre tasche

Mille manine che si tengono insieme, nel vostro portafogli

La speranza sarà anche l’ultima a morire, ma occorre anche un minimo di realismo. Per ora dal Senato non arriva un fiato, un sussulto, un ma che possa far anticipare una dura battaglia per tornare al 26% di tassazione sulle plusvalenze ottenute dalle criptovalute. E, benché la speranza sia l’ultima a morire, sembra che ne sia rimasta davvero poca.

Un destino cinico e baro (la discussione al Senato certamente non aiuta) potrebbe rimandare tutto al cosiddetto Milleproroghe, che per quanto pratica inelegante, sarà nondimeno la nostra ultima speranza.

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L’unico favore lo hanno ottenuto le banche?

Partiamo dalla fine, per poi risalire, come i più testardi dei salmoni, la corrente. Pare che l’unico favore lo abbiano strappato banche e intermediari che si metteranno a fare arbitraggio sulle stablecoin legate all’euro.

Si precisa, in proposito, che non costituisce realizzo di plusvalenza o minusvalenza la mera conversione tra euro e token di moneta elettronica denominati in euro, né il rimborso in euro del relativo valore nominale.

Sì, perché non vi è altra spiegazione all’esenzione che varrà per il cambio da stablecoin a euro veri. Le stablecoin, per definizione, valgono 1€ se ancorate all’euro, e l’unica possibile applicazione della suddette esenzione è per chi appunto facendo trading ad alta frequenza cercherà di strappare millesimi di euro facendo da market maker sui futuri scambi delle stable in arrivo. Discorso cervellotico e che nessuno ammetterà apertamente, ma non ci sono altre spiegazioni plausibili all’inserimento di una norma così specifica.

  • Noi si pagherà il 33%

A meno di una remuntada di quelle che i padri raccontano ai figli e i nonni ai nipoti, la speranza di vedere un ennesimo rinvio già durante la discussione della Legge di Bilancio 2026 in Senato o nelle relative commissioni è vicina allo zero.

Il primo punto è che in Senato il comparto può contare su ancora meno amici dei pochi sui quali può contare alla Camera. E saranno ancora meno quelli che si prenderanno la briga di presentare un emendamento in cui credono poco.

Gli emendamenti quando si è nella maggioranza hanno un costo politico (che può essere certamente sostenuto, ma a patto di ritenere la questione importante), e invece sono quasi completamente inutili se e quando vengono presentati dall’opposizione. Opposizione che tra le altre cose, riferisce a Criptovaluta.it® l’on. Antonio Misiani (responsabile Econ. del Partito Democratico), sta ancora valutando quali emendamenti presentare (in via generale, e non relativamente alle crypto).

Il resto dell’opposizione, la cui presentazione degli emendamenti sarebbe comunque più simbolica che altro, non è pervenuta.

  • Milleproroghe

È il buffo nome con il quale si indica il decreto ormai parte dell’attività governativa annuale e che rinvia l’entrata in vigore di determinate norme. Potrebbe avere ad oggetto la tassazione al 33%? Possibile. E c’è chi ci sta lavorando. Anche qui però sarà dura.

Il mondo al contrario

Le leggi dovrebbero essere forse interpretate come le mosse del gioco degli scacchi. Hanno delle conseguenze che vanno oltre il primo intento e il primo risultato ottenuto.

Ne abbiamo parlato in dettaglio qui

Ne abbiamo parlato nella nostra live di ieri – indicando come l’impianto della legge così come formulato sembrerebbe risparmiare altri strumenti di esposizione verso Bitcoin e crypto.

  1. Gli ETP

Ovvero fondi gestiti da società – delle quali NESSUNA con sede in Italia – e che sono quotati in borsa. Gli investitori italiani potranno così comprare quote di fondi che hanno in pancia criptovalute, avere più o meno la stessa esposizione diretta al prezzo, e pagare… il 26%.

  1. I derivati

Di ogni genere e sorta dovrebbero comunque pagare il 26%. Da un lato si potrebbe spingere il pubblico verso strumenti molto pericolosi (perché con leva integrata), dall’altro verso strumenti che hanno un rischio di controparte maggiore e talvolta insostenibile. Anche in quel caso però gli investitori pagheranno il 26%.

Conseguenze volute? Possibile. Dopotutto secondo la relazione tecnica che accompagna la norma nella Legge di Bilancio del 2025, il gettito atteso è inferiore ai 40 milioni di euro. Una somma esigua, con tutto l’impianto e l’aumento che non possono che apparire come un dispetto a chi ha osato uscire fuori dal seminato.

O semplicemente avere un’idea diversa da chi anima certe authority, certe istituzioni “tecniche” che però sognano tanto di fare politica. Le chiamano manine. E sono già dentro le vostre tasche.

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sfuzzone
sfuzzone
1 mese fa

CIPOLLONE/PANETTA/PATUELLI/SAVONA——-> AUTOSTRADA LAGHI TELEPASS USCITA CASELLO CHIASSO ———-> PRIVE’ MAXIM CLUB

sfuzzone
sfuzzone
1 mese fa

PRENDERE LA RESIDENZA IN SVIZZERA COME SAVONA

sfuzzone
sfuzzone
1 mese fa

Il “piano B” di Savona? 1,3 milioni nei conti svizzeriIl ministro ha soldi all’estero e il 14% di un fondo inglese. E si difende così: sono molto innovativo. E così si scopre che il ministro Paolo Savona, quello del Cigno nero, ha un suo personalissimo Piano B. E lo ha messo in una banca svizzera: hai visto mai che le sue ricorrenti divinationes da aruspice su Italexit e implosione dell’euro si realizzino, e spazzino via i risparmi degli italiani, meglio mettere i propri al sicuro. Parte in una polizza, parte in un conto, l’euroscettico ministro per gli Affari europei ha 1,3 milioni in una banca elvetica. A rivelarlo è il Corriere della Sera, con un’inchiesta di Federico Fubini che fa esplodere anche un’altra, notevole bomba sul conto del discusso e anziano ministro: Savona risulta ancora in funzione come «active director» del fondo speculativo Euklid, con sede a Londra nello scintillante grattacielo The Shard, di cui è anche azionista al 14%.
Un clamoroso conflitto di interessi potenziale: lo hedge fund (creato da un pupillo di Savona medesimo, tal Antonio Simeone) specula, ricorda il Corriere, facendo anche «scommesse ribassiste sui mercati». Mercati che un ministro italiano, con le sue iniziative o dichiarazioni, può influenzare. Le opposizioni insorgono e chiedono chiarimenti: «È vero che Savona è ancora membro attivo di un fondo speculativo inglese? E come mai, mentre insiste affinché gli italiani mettano tutti i propri risparmi in titoli di Stato, lui mette i suoi in Svizzera?», chiede il responsabile economico del Pd Luigi Marattin. Solo a sera, sui social, appare un lungo posto attribuito al ministro. Il quale definisce lo scoop del Corriere «un nulla mascherato da un falso» perché, spiega, «non ho partecipato a un fondo speculativo, ma di investimento, serio e innovativo». Sostiene di essersi, sia pur «a malincuore», dimesso dagli incarichi (che però risultano ancora, secondo il registro delle società inglesi) e si dilunga sulle proprie «intraprese»: «Sono tra i primi economisti che hanno usato l’econometria», «ho anche scritto su una rivista estera considerazioni che mi hanno valso lusinghieri riconoscimenti», e via così. Sorvola però sui risparmi in Svizzera.
Che peraltro risultano dalla sua dichiarazione dei redditi, scovata e pubblicata su Twitter dall’economista Riccardo Puglisi, che chiosa perfido, ricordando le ambizioni da ministro dell’Economia di Savona: «Addio alla poltrona di Tria…».