Un tempo era un pallino anche di chi ora siede al governo in Italia. Altrove però si passa ai fatti. L’India ha rimpatriato 64 tonnellate d’oro nel corso degli ultimi sei mesi, proseguendo con un piano che dal 2023 ha riportato in casa 274 tonnellate d’oro. Un movimento sensato – tenendo conto di diversi sviluppi geopolitici che hanno reso troppo rischioso, almeno per certi Paesi, detenere i propri asset all’estero.
La questione è stata affrontata anche da André Dragosch di Bitwise Europe in una recente intervista rilasciata proprio a Criptovaluta.it®. Una questione che collateralmente interessa anche Bitcoin, che potrebbe iniziare a godere di uno status particolare proprio in virtù di certi movimenti di carattere geopolitico.
Il movimento dell’India conferma che…
L’India conferma, con l’ennesimo spostamento di oro dall’estero verso il proprio Paese e i propri forzieri, il forte clima di sfiducia che è venuto a crearsi in particolare per certe decisioni degli stati occidentali. Secondo André Dragosch di Bitwise Europe, si tratta di una sfiducia nata dal congelamento degli asset russi, per una prima volta che questo accade a paesi di quelle proporzioni.
A prescindere dal giudizio politico su quanto accaduto, che non compete a queste pagine, rimane il fatto che gli asset detenuti all’estero, almeno per certi paesi non completamente allineati a Washington e al blocco occidentale (dove il grosso degli asset sono custodi), non sono più al sicuro.
L’India sta cercando di rimpatriare il proprio oro a ritmi sostenuti e altri Paesi ne discutono in modo molto acceso. La Turchia ha attivato un programma di rimpatrio consistente, l’Ungheria lo ha fatto in passato, l’Austria ha annunciato un piano per avere almeno il 50% dell’oro in casa, la Polonia lo ha già completato, in Italia se ne discute da tempo, almeno tra i partiti che si trovano momentaneamente all’opposizione.
Un fenomeno che quanto accaduto potrebbe accelerare. E che potrebbe portare anche a riconsiderare la rilevanza di Bitcoin come asset da alternare e affiancare all’oro.
L’autocustodia di Bitcoin
Sul tema ci sono almeno un paio di considerazioni da fare.
Il primo è che secondo Bitwise ci sono già banca centrali esposte verso gli ETF Bitcoin, che appunto essendo esposte verso gli ETF non hanno custodia del proprio oro digitale, ovvero di Bitcoin.
Al tempo stesso Bitcoin potrebbe e anzi dovrebbe godere di maggiore apprezzamento proprio per la sua facilità di custodia in proprio. Cosa che per il momento certe banche centrali, quelle più preoccupate di eventuali congelamenti di asset di riserva, fanno fatica a comprendere.
Nel complesso questo scenario, che va intensificandosi, potrebbe essere un’occasione per consacrare, almeno a certi piani, Bitcoin come asset di riserva, anche soltanto per l’opportunità che offre a chi vuole averne un controllo pieno.
Rimpatriare l’oro ha senso?
Chi lo fa deve cercare un equilibrio tra due fattori: il primo è quello di avere riserve credibili e tangibili presso le principali piazze finanziarie globali (Londra, New York tramite Washington). Il secondo è quello di avere oggettivamente controllo pieno delle proprie riserve.
Un problema di difficile soluzione politica, che per ora soltanto paesi relativamente modesti per dimensioni – oppure non allineati – hanno risolto a favore del rimpatrio.
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