A tutti piacciono le storie semplici. Quelle che hanno fatto la storia della narrativa globale sono così semplici che riescono a capirle anche i bambini: Davide contro Golia, Pinocchio, Re Artù, Robinhood e Aladino. Non è difficile capirle, hanno un messaggio forte e per questo continuiamo, generazione dopo generazione, a raccontarcele.
Anche il mondo di Bitcoin e delle crypto ha creato, nonostante la sua giovane età, tante storie belle da raccontare, che incontrano sempre l’applauso del pubblico e che però, come quelle di cui sopra, sono di pura fantasia. Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che in tanti su queste storie basano decisioni di investimento. La più perniciosa? Quella del numero di Bitcoin sugli exchange, il cui calo segnalerebbe una riduzione della pressione di vendita e, per i più fantasiosi, addirittura un supply shock condito di una mega candela verde. Ma è davvero così?
Risposta breve: no. Risposta più articolata: continua a leggere l’approfondimento.
Il grafico magico che più che a una favola assomiglia ad Aspettando Godot
Il grafico è quello che alleghiamo. In questo caso è elaborato da CoinGlass, ma è quasi identico a quelli che vengono diffusi da Glassnode e ad altri servizi che analizzano i dati onchain.

È il grafico che indica la quantità di Bitcoin presenti sugli exchange. L’equazione social che ne deriva è semplice: meno Bitcoin sugli exchange, meno vendite potenziali, prezzo che va su. Una storia appunto semplice come quelle che abbiamo visto poco sopra e che rendono in click, visualizzazioni e anche in apprezzamento da parte della community.

C’è da dire che già uno zoom in dovrebbe rendere chiaro che il meccanismo, ammesso che esista, non sembrerebbe funzionare come raccontano tanti influencer.
E anche facendo zoom out le cose non migliorano. Perché in realtà la molto blanda correlazione che sembrerebbe venire fuori dai grafici dipende non dalla fuoriuscita di $BTC dagli exchange, ma piuttosto dalle motivazioni che vedono quel numero… scendere.
Sta cambiando molto del modo in cui certi investitori detengono BTC
Sta cambiando molto di come certe categorie di investitori si prendono cura dei propri Bitcoin. Di una parte di questo movimento avevamo già parlato qui.
In primo luogo, dall’estate certi investitori hanno accesso a uno scambio esentasse tra $BTC e quote degli ETF che sono quotati negli Stati Uniti.
E almeno secondo quanto fatto circolare da Bloomberg, già più di 3 miliardi di dollari in Bitcoin avrebbero preso questa strada.
C’è poi anche da considerare la proliferazione di servizi di custodia di livello professionale che sono integrati con diversi dei broker e delle grandi banche negli Stati Uniti (principalmente) – e che rendono la detenzione all’interno degli exchange sempre meno conveniente.
In ultimo, ha giocato un ruolo importante per questo trend discendente anche l’attivazione da parte di diversi exchange della custodia presso terzi per i trader VIP e per i market maker. Somme che potrebbero non essere più catturate da queste metriche e che rendono ogni tipo di analisi che si basa su questi grafici completamente inutile.
Supply shock?
Chi vi scrive è in netta minoranza sul tema e continua ad affermare che quella del supply shock – almeno nei termini in cui la questione è stata posta sui social – è una delle storie di cui sopra. Bella (e per questo piace), ma non necessariamente aderente alla realtà.
Bitcoin gioca in modalità easy: ha un’offerta massima limitata a fronte di una domanda che può certamente aumentare. Ma ancora una volta, calcolare la forza dell’offerta da quel grafico, mentre il grosso degli scambi oggi già avviene fuori dagli exchange, è certamente sbagliato.
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