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Come potrebbe funzionare una criptovaluta indonesiana

Chatib Basri, ex ministro delle finanze del governo indonesiano, auspica la creazione di una criptovaluta interna al paese.

Nell’ultimo periodo numerosi paesi hanno provato a stringere la presa sulle libertà prese dalle criptovalute all’interno dei loro paesi; questo trend generale non sembra però toccare l’Indonesia, dove l’ex ministro delle finanze Chatib Basri ritiene che il paese debba prendere una direzione totalmente differente.

Basri propone una via alternativa: invece di vietare la circolazione di valute come i Bitcoin, l’Indonesia dovrebbe dar vita ad una propria criptovaluta che possa competere con le concorrenti.

Basri ha voluto sottolineare che:

“La banca d’Indonesia ha bisogno di creare qualcosa che possa essere monitorato. Comprendo le preoccupazioni della Business Intelligence rispetto ai Bitcoin in quanto non esista ancora alcuna risorsa tangibile alla sua base. Ma non possiamo vietarli”

Anche Onny Widjanarko, capo della Bank of Indonesia’s Payment System Policy supporta la nascita di una moneta virtuale.

Monitorare le transazioni Bitcoin in modo trasparente è infatti quasi impossibile, e proprio per questo molti governi considerano la cripto una minaccia in grado di conferire potere ai criminali clandestini.

In Indonesia, l’ex ministro Basri non sembra l’unico esponente delle forze politiche ed economiche fortemente interessato al mercato delle criptovalute; anche Onny Widjanarko, capo della Bank of Indonesia’s Payment System Policy, ha espresso il suo supporto per l’emissione di una “rupia virtuale” per combattere ad armi pari le altre criptovalute.

Queste proposte nascono seguendo gli esempi di altre nazioni

Il caso Indonesiano sembra spinto dagli esempi di altri paesi interessati alla creazione di una loro moneta virtuale.

In passato, infatti, la Russia iniziò a prendendo in considerazione la possibilità di emettere un “cripto rublo”, ma il presidente Putin ha preferito attendere, soprattutto per prendere in considerazione vie per eludere le sanzioni.

Una simile situazione si è proposta per la Petro di Nicolas Maduro in Venezuela, che però sembra interessato a continuare il suo progetto, non interessandosi alle sanzioni che sembrano preoccupare il collega russo.

Entrambi i casi sembrano, però, avere poco a che fare con quello dell’Indonesia che, al contrario, pare essere molto più in linea con le di situazioni di Gran Bretagna e Israele; due nazioni che stanno cercando di creare un ecosistema funzionale alle criptovalute, che allo stesso tempo possa essere facilmente monitorato e sia conveniente per i loro cittadini.

Nel Regno Unito infatti, Mark Carney, governatore della Bank of England, ha parlato della possibilità emettere una criptovaluta, che però scorra nelle tasche dei cittadini insieme a denaro cartaceo.

Carney ha infatti voluto sottolineare come:

“Si potrebbe creare una situazione in cui chiunque possa avere valute fluttuanti come i Bitcoin in un proprio sistema bancario e possa, alle prime preoccupazioni, trasferire il proprio conto presso la Bank of England“.

Che sia questo il trend migliore per il futuro delle criptovalute nel mondo?

Probabilmente si, un atteggiamento simile sembra infatti molto più funzionale di una chiusura a riccio come quella dettata dalla strada intrapresa negli ultimi mesi dalla Cina.

L’ostracismo del colosso asiatico potrebbe anzi essere dannoso per il paese; al contrario delle decisioni più morbide presi da paesi come l’Indonesia, in grado di creare un’area ospitale sia per i colossi, sia per le nuove arrivate nel mercato delle cripto.

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