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Blockport, un altro exchange di criptovalute fallisce con danni per gli utenti

Il 2019 è sempre più l’anno delle IEO, le Initial Exchange Offering. Si tratta delle situazioni in cui gli exchange, per aumentare la propria liquidità in cassa e usarla per nuovi investimenti, decidono di lanciare una propria criptovaluta. Solitamente gli utenti che acquistano questi token possono utilizzarli per accedere ai servizi dell’exchange ad un prezzo scontato, come avviene ad esempio nel celebre caso di Binance Coin.

Inizialmente sono stati proprio gli exchange più grandi, come Binance, ad introdurre questo tipo di soluzione. Trattandosi di grandi realtà del settore, i loro lanci hanno avuto grande successo e molti investitori hanno cominciato a guardare proprio nella direzione delle IEO. Man mano che questa pratica si è diffusa anche presso exchange meno importanti, però, è gradualmente diventata una trappola per speculatori.

Questa volta è Blockport, exchange di criptovalute con sede in Olanda, a chiudere i battenti. L’azienda aveva lanciato un suo token, capitalizzato dagli investitori per oltre 5 milioni di dollari, che oggi perde il 93% del suo valore in seguito all’annuncio. Ed in questo caso non si trattava di una IEO, ma addirittura di una STO.

STO, come nascono (e crollano) le “ICO legali”

Più o meno tutti gli appassionati di criptovalute sanno che cosa sia una ICO: è il momento in cui un progetto lancia la sua criptovaluta sul mercato. Una IEO è la stessa cosa, ma il progetto che lancia il token in questo caso è un exchange. Esiste però un modello più evoluto di fare queste due cose, ovvero la STO (Securities Token Offering).

La STO si ha quando le criptovalute che vengono lanciate sul mercato non sono semplicemente criptovalute, ma hanno tutte le caratteristiche di uno strumento finanziario (in gergo, di una security). Nel caso di Binance non è stato così, perché Binance Coin non dà alcun diritto ai titolari dei token nei confronti della società. Le STO, invece, offrono token che rappresentano un diritto legale ad ottenere una o più di queste cose:

  • Una parte del capitale sociale dell’azienda che ha lanciato i token sul mercato
  • Una percentuale degli utili dell’azienda, in forma di dividendo
  • Partecipazione alle assemblee dei soci e degli obbligazionisti
  • Altri diritti, vari ed eventuali, tipici di chi detiene quote o obbligazioni di un’azienda

Questo modello è universalmente considerato più sicuro di una ICO. Intanto perché esiste una garanzia di vedere aumentare il valore del token nel caso in cui il progetto dovesse crescere nel tempo; poi perché in questo modo ogni token diventa soggetto alle leggi esistenti nelle varie nazioni in merito al trattamento degli strumenti finanziari.

Lo strano caso di Blockport

Ebbene, se le STO sono più sicure delle ICO, cos’è successo in questo caso? La storia incomincia a gennaio, quando Blockport aveva annunciato il lancio di una sua criptovaluta tramite IEO. L’operazione si è conclusa con successo, e nelle casse dell’exchange sono finiti circa 15 milioni di euro.

I 15 milioni sono durati, però, ben poco: ad aprile l’azienda ha annunciato una STO per cercare di raccogliere ancora più fondi sul mercato, ma la cosa si è risolta peggio del previsto. Con poco più di un milione raccolto, la liquidità non è più sufficiente a mantenere operativa Blockport. Ora i token lanciati, tanto nella ICO quanto nella STO, hanno un valore prossimo allo zero. Con gli investitori che sono in prima linea a farne le spese.

 

 

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