Che le stablecoin siano sotto la lente degli Stati Uniti non è più ormai una grande novità, ma nessuno si aspettava che il fenomeno potesse arrivare in maniera così dirompente oltreoceano nella Corea del Sud. Dopo il successo della quotazione di Circle, società emittente della stablecoin USDC, cresciuta fino ad oltre il 250% sui mercati dopo il primo giorno di listing, ecco che in Asia si prova a cavalcare la stessa onda.
Grandi nomi del panorama fintech e bancario sudcoreano stanno registrando marchi legati al mondo stablecoin, nonostante non ci sia una chiara regolamentazione nel Paese. Il risultato è che gli investitori stanno prendendo particolarmente bene queste notizie, tanto da spingere fortemente al rialzo le stocks delle aziende coinvolte. Potrebbe essere l’inizio di una nuova moda, ma che al momento sembra apparire più come una bolla speculativa. Approfondiamo tutto il discorso in questo articolo.
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Bolla in Corea: le aziende quotate registrano trademark stablecoin, i prezzi scoppiano
Quello che sta succedendo in Corea con il trend delle stablecoin sembra essere la copia di quanto avvenuto negli Stati Uniti con le società che hanno annunciato riserve strategiche in Bitcoin. Per chi si fosse perso questa situazione ai limiti della follia speculativa, in America molte quotate hanno dichiarato di voler seguire il modello di Strategy con l’acquisto ricorrente di BTC. Il risultato è che i prezzi delle azioni sono scoppiati alle stelle, alimentati dalla narrativa speculativa, salvo poi sgonfiarsi rapidamente.
Ecco ora in Corea si sta ripetendo lo stesso copione, ma con l’oggetto dei desideri che non è più Bitcoin ma le tanto amate stablecoin. Come riportato da PA News e condiviso da un ricercatore blockchain su X, diverse aziende fintech stanno registrando marchi che includono la parola “stablecoin”, beneficiando di un incremento di acquisti da parte dei traders che intravedono l’opportunità. In molti casi i prezzi delle azioni sono schizzati del 15-30% in un solo giorno dall’annuncio dei trademarks.
Tra i nomi più noti del panorama coreano troviamo oss Bank, Viva Republica, Shinhan Financial Group, NHN KCP, Kakao Pay, KB Kookmin Bank, Hana Bank, KakaoBank, K Bank, IBK, Shinhan Card, Mirae Asset, Danal e diverse altre ancora.

Perchè dovrebbe essere una bolla?
In primis perché già da ora si intravedono quelle dinamiche speculative tipiche di un euforia esagerata seguita da forte ondate di vendita. In alcuni casi il Kosdaq, il mercato per azioni coreano, ha addirittura bloccato il trading per l’eccessiva volatilità, come quella riscontrata negli ultimi giorni su titoli come Kakao Pay. Solitamente questi esasperazioni negli scambi finiscono per far tornare i prezzi al punto di partenza, soprattutto se non vi è un reale seguito.
In Corea del sud non c’è ancora una regolamentazione adeguata in materia stablecoin, anche se la Banca centrale sembra aver temporaneamente sospeso il proprio progetto di CBDC. Questa assenza normativa, mista ad un atteggiamento cauto da parte di alcune istituzioni, potrebbe non permettere un terreno così fertile per queste società che ora puntano tutto sugli asset digitali. In sostanza, il clima è ancora incerto.
Aggiungiamo poi come questi esperimenti lanciati comprendano l’utilizzo di stablecoin ancorate al won coreano, il che potrebbe limitare l’adozione nel solo territorio nazionale. Ricordiamo che oltre il 99% delle stablecoin fiat-pegged sono basate sul dollaro USA e tutte le altre imitazioni orientate al altre valute ( EUR, GBP, AUD, CAD, HKD, CNY) rappresentano una minuscola quota del vero mercato.

Le stablecoin attirano denaro: grandi flussi di investimento per Circle nel Paese
Nonostante gli interrogativi riguardo la sostenibilità e vera adozione delle stablecoin in Corea, non possiamo sminuire il forte interesse speculativo che c’è nell’aria per questo movimento. Nel Paese durante il mese di giugno è arrivata una grande ondata di investimenti le azioni CRCL, che hanno ricevuto flussi netti per $410-$450 milioni.
Il titolo statunitense è stato il più negoziato tra quelli esteri in Corea, tale da attirare l’attenzione di tutti i banchieri della zona, che ora provano ad approfittare del sentiment pazzo di questa narrativa. Sembra che l’effetto “Kimchi Premium”, osservato fino al 2021 sull’exchange Upbit in cui Bitcoin veniva negoziato ad un prezzo maggiore rispetto al suo prezzo reale, si stia in un certo senso riflettendo oggi sulle azioni CRCL. Non c’è nessun “premio” tecnico pagato dai traders come all’epoca, ma c’è un evidente massa di interesse da parte del pubblico retail, che non può passare inosservata.
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