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CIRCUIT BREAKER

Crollo crypto: mercati sotto accusa da Bloomberg. C’è una POSSIBILE soluzione stile Wall Street?

Mercati crypto di nuovo sotto accusa, questa volta con un pizzico di ragione.

La velocità è un problema. O meglio – questo è quanto sta emergendo dalle prime discussioni informate su quanto avvenuto venerdì, ovvero il crash di quasi tutti i mercati crypto. Liquidazioni a cascata, nessun circuit breaker come nelle borse tradizionali, margin call e liquidazioni automatiche e zero possibilità di scamparla, soprattutto in quegli angoli di mercato dove la liquidità storicamente latita.

Di discorsi sul tema se ne potranno fare (e se ne faranno) a dozzine. Noi partiamo dai punti sottolineati da Bloomberg in un suo recente approfondimento – anche per capire cosa è successo, perché è successo e perché continua a succedere (sebbene con lunghi periodi di normalità).

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Bloomberg: fari puntati sul mercato crypto

A parlare è Bloomberg, mai morbida sul mercato crypto e questa volta non senza una parte di merito. Venerdì abbiamo assistito a una serie di liquidazioni a catena (per cifre che superano di molto i 19 miliardi di dollari dichiarati), senza che ci fosse alcun circuit breaker.

Il concetto di circuit breaker: le borse regolamentate implementano diverse modalità di circuit breaker, ovvero di interruzione del circuito di liquidazioni e di crolli che si può alimentare. Ce ne sono di diversi: dalla chiusura totale dei mercati allo stop al trading su una singola azione.

Non si tratta di un concetto vecchissimo, in realtà. Il grosso dei circuit breaker che vengono utilizzati sulle borse USA sono figli del Black Monday del 1987.

Il concetto è molto semplice: dato che vendite e liquidazioni a catena innescano in casi estremi altre liquidazioni a catena. Bloccare il trading per qualche minuto (o nei casi più estremi per un’intera giornata) può aiutare a tenere la situazione sotto controllo. Tendenzialmente si applicano delle soglie percentuali (7%, 13%, 20%) superate le quali si interviene fermando il trading per un tot.

Qui Alex Lavarello analizza la situazione

Il concetto è inapplicabile nel mondo crypto, sia sugli scambi centralizzati sia su quelli decentralizzati, per ordini di motivi assai diversi.

  • Per gli exchange centralizzati

Gli exchange centralizzati hanno diversi sistemi per evitare che il mercato si polverizzi. Tutti o quasi, sui derivati, applicano un fondo d’emergenza che si fa carico delle liquidazioni superate certe soglie, cosa che dovrebbe anche rallentare la progressione della valanga di liquidazioni. In casi estremi come quelli di venerdì, tali fondi durano molto poco.

Gli exchange centralizzati guadagnano poi dalle operazioni e spesso lo fanno soprattutto in virtù di grandi movimenti di prezzo che avvengono su crypto meno capitalizzate. Se dovessero implementare un meccanismo come i circuit breaker delle borse tradizionali, avrebbero da perdere una parte rilevante del business. In aggiunta, c’è il problema che tutti gli asset crypto possono essere scambiati altrove – anche in contesti decentralizzati.

  • Per gli exchange decentralizzati

Dipende veramente dal livello di decentralizzazione, in primo luogo. Ma in aggiunta pensare a smart contract che gestiscono liquidity pool e che smettano di funzionare sotto certe condizioni di volatilità, è impensabile.

Liquidità: quanto è profonda?

La risposta si può trovare valutando anche a grandi linee i crolli di ciascuna crypto. Al top si sono avuti si degli importanti ribassi, ma comunque in un contesto relativamente controllato e tranquillo.

In altri casi abbiamo avuto perdite anche superiori al 50% nel giro di pochi secondi, segnale che tutto era saltato e che i mercati non erano più in grado di funzionare in modo corretto.

Si potrà dare la colpa ai market maker – ma non hanno assolutamente l’obbligo di bruciare miliardi per tenere i mercati a galla. Si potrà dare la colpa a chi organizza troppi mercati (anche su crypto con bassissima liquidità) e qui forse siamo più vicini al centro del problema.

Si potrà dare la colpa anche a chi utilizza leve molto elevate e dunque non dovrebbe, recita il vecchio adagio, piangere nel casinò una volta che viene liquidato.

La verità è che si tratta di un problema praticamente impossibile da risolvere – e che forse verrà attenuato soltanto con un maggiore arrivo di liquidità anche da Wall Street, almeno per le crypto che sono di suo interesse.

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