Continua la nostra serie sul no. No, non vogliamo essere negativi, ma vogliamo cercare di intavolare una discussione il più possibile seria, moderata, e utile con i nostri lettori. Non solo viviamo nell’epoca dei social, dove a ognuno viene concesso di parlare ad un pubblico potenzialmente sconfinato, ma investiamo anche in un mondo, quello crypto, che purtroppo di saltimbanchi ne attira anche troppi.
Hai preso scelte di investimento da un noto influencer su YouTube? Un famoso scrittore di libri di economia ti ha convinto ad andare long o short? Forse hai già assaggiato l’amara medicina che tocca a chiunque ascolti troppo gli altri.
Con qualche meccanismo aggiuntivo: c’è un enorme conflitto di interessi tra chi diffonde certe opinioni e gli asset sui quali le esprimono, anche ai massimi livelli. E sebbene qualcuno mantenga degli standard etici molto elevati, altri non lo fanno. E qui troverai 4 esempi chiari di ciò che non dovresti mai stare ad ascoltare.
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Primo profilo: famoso, fallito e poi tornato a ruggire grazie alle crypto e Bitcoin
L’identikit rispecchia in realtà tanti influencer (e in particolare uno, che conoscerete sicuramente). Il plot, il piano seguito per farsi sentire in giro è sempre lo stesso:
- Sparare numeri in libertà
- Isolare un fattore macro per avere ragione
- Fallire la previsione
- Tornare al punto uno dopo poche settimane
Il meccanismo che dovreste cercare di comprendere è relativamente semplice: dire che Bitcoin farà un modesto 10% non fa click, non circola e non raggiunge il grande pubblico.
Incentivo distorto: è quello a sparare numeri sempre fuori misura, ovviamente tondi (1.000.000, 5.000.000, 1.000.000.000) e ricevere così gli applausi da chi, anche con un piccolo investimento, finirebbe per cambiare per sempre la propria vita nel caso di una corsa di quel tipo.
Perché abbocchiamo? Perché certe sparate rafforzano la nostra convinzione di aver investito nel miglior asset di sempre, di essere più furbi degli altri e di essere ad un passo dalla svolta. Potrebbe anche essere il caso, ma non perché si avvereranno le previsioni di chi vuole fare solo click o far circolare il proprio nome.
Secondo profilo: l’investitore di Wall Street prestato alle crypto
Non ce ne voglia zia Cathie Wood, ma è anche di lei che parliamo. Nel corso degli anni non solo i suoi fondi hanno offerto performance pessime rispetto ai benchmark, ma sono stati accompagnati anche da analisi della più famosa delle investitrici in Bitcoin di sempre.
Cathie Wood ha un ruolo molto particolare: nonostante risultati modesti, data la sua capacità di sparare numeri sempre più grossi, trova sempre un pubblico pronto a applaudirla.
Incentivo distorto: nonostante le performance, continuano a piovere fondi in gestione a ARK e in ultimo a Cathie Wood. Inoltre i suoi fondi spesso puntano sulle buzzword più alla moda: crypto, Bitcoin, tech, AI.
Perché abbocchiamo? Perché il fatto di avere la proprietà di un fondo è ovviamente fonte di autorità. E dato che siamo tutti un po’ dei pirati che hanno puntato precocemente su un asset che ora vogliono tutti, la conferma da una voce di Wall Street ci piace in modo particolare.
Terzo profilo: il bastian contrario delle banche d’affari
Non ci sono soltanto shiller e bull nel mondo degli influencer da strapazzo. Ci sono anche i rappresentanti di grandi banche d’affari. Tra queste, quella che fa più frequentemente doomposting – ovvero che posta contenuti che parlano di apocalisse e sventura – è JPMorgan.
Tra Jamie Dimon che parla di imminente catastrofe dei bond, all’analista Nikolaos Panigirtzoglou, che ne ha sempre scritte di cotte e di crude su Bitcoin, prendendoci molto raramente, c’è l’imbarazzo della scelta nella potente banca d’affari.
Incentivo distorto: hanno un pubblico di boomer che si sente rassicurato quando si attacca il nuovo. Noi invece viviamo una sorta di complesso di inferiorità quando a parlare sono i più potenti della terra finanziaria.
Perché abbocchiamo? Perché le storie legate a possibili disastri ci piacciono sempre tanto. Altrimenti certi film non sarebbero mai diventati popolari.
Quarto profilo: quello con il conflitto di interessi
Sono almeno 10 le società di gestione capitali che negli USA hanno lanciato un ETF su Bitcoin. È chiaro che abbiano tutto l’interesse a sostenerne la bontà in pubblico. C’è chi lo fa in modo molto soft, come Larry Fink di BlackRock e c’è invece chi lo fa in modo molto più esplicito. Noi siamo pienamente d’accordo con tante delle cose che dicono, ma andrebbero sempre scontate per il *conflitto di interessi.
Incentivo distorto: Bitcoin è in grado di richiamare l’attenzione di tanti appassionati e di svecchiare certe società.
Perché abbocchiamo? Perché finalmente i potenti sono dalla nostra parte. E forse tendiamo a dargli troppo credito.