Anche Citadel, uno degli intermediari di asset più importanti del mondo, non ci sta. SEC, l’agenzia che governa i mercati USA, sta aprendo gradualmente alla tokenizzazione degli asset, tra le altre cose con un regime (si vocifera) di esenzione per chi vi parteciperà. Esenzione che vuol dire regole meno stringenti, cosa che fa paura ai giganti del vecchio mondo della finanza.
Se prima è arrivata – per altre questioni – l’inviperita lettera di ABA, l’associazione bancaria USA, che chiede di non dare licenza a Ripple e Circle, ora tocca gli intermediari, con Citadel a fare da ultima roccaforte della TradFi.
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Citadel all’attacco
La miglior difesa è l’attacco, e lo sa anche Citadel, che oggi ha reso pubbliche alcuni dei suoi dubbi sulla tokenizzazione degli asset che sta prendendo piede, in realtà piuttosto velocemente, negli USA. Sarà però necessario fare qualche passo indietro.
Con l’arrivo della nuova amministrazione USA, ovvero del governo Trump, dighe e argini che proteggevano il mondo della vecchia finanza da quello crypto sono saltati. Il nuovo presidente di SEC, Paul Atkins, è storicamente un free marketer puro, con qualche insofferenza per le regole e che crede che il mercato possa decidere in quasi totale autonomia come comportarsi.
Situazione che ha dato il via a una corsa incredibile per l’offerta di qualunque possibile tipo di servizio su infrastruttura crypto.
Cosa che però a chi guadagna dall’attuale infrastruttura non sta granché bene: da un lato per volgari questioni di portafoglio (il guadagno piace a tutti, soprattutto quando di rendita), dall’altro perché è oggettivamente vero che per i broker di asset tradizionali le regole sono tante, stringenti e comportano anche costi elevati di compliance.
Paura per la liquidità
C’è paura però anche per la liquidità, che potrebbe essere aspirata dal settore delle azioni e degli asset tokenizzati a danno dei mercati tradizionali.
Dice Citadel che potrebbero finire in luoghi che sono di fatto inaccessibili per grandi player come investitori istituzionali del calibro di banche, fondi pensione e family office.
Critica che però facciamo oggettivamente fatica a capire. Chi ha detto a banche e fondi pensione di stare lontani dagli asset tokenizzati? Ci sono intermediari e emittenti della TradFi che sono già attivi nel comparto, vedi BlackRock e Franklin Templeton: davvero non c’è di che fidarsi?
Oppure è una volgare questione, ancora una volta, di denaro e di difesa di certe rendite di posizione?
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