Citi si starebbe preparando a offrire servizi di custodia crypto, a partire dal 2026. Questo almeno secondo quanto riporta CNBC, che cita come fonte il dirigente del gruppo Biswarup Chatterjee. Sempre secondo quanto riporta il dirigente di Citi, il gruppo starebbe lavorando da 2-3 anni a una soluzione che sarebbe in dirittura d’arrivo.
Servirà qualche trimestre, almeno secondo quanto si evince dalle dichiarazioni del gruppo bancario, il che vuol dire che difficilmente vedremo il servizio attivo nella prima parte dell’anno. Sono in diversi tra i gruppi bancari a valutare eventuali ingressi in un settore, quello della custodia di asset digitali, che per il momento interessa quasi esclusivamente società native del mondo crypto.
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Citigroup nel business della custodia
Non è un gran business, nel senso che i ritorni sono quelli che sono e che c’è bisogno di volumi importanti per giustificare un ingresso in questo tipo di mercato. Si tratta del business che prevede la custodia conto terzi di Bitcoin, di altre criptovalute e a questo punto anche di asset tokenizzati.
Un business che è di interesse non soltanto però per i grandi risparmiatori, ma anche per le società finanziarie che offrono servizi con collaterale in crypto, dagli ETF fino ai prodotti più strutturati.
L’idea di fondo è di offrire custodie sicure, possibilmente assicurate, che siano comunque presso un intermediario del quale il mondo finanziario ha fiducia.
Nel business tante società crypto
Nel business ci sono già diverse società crypto: da Ripple Labs a Coinbase, passando anche per Gemini e Anchorage. Nel settore opera anche BitGo, mentre per quanto riguarda gli operatori della finanza tradizionale abbiamo Fidelity, che opera tra le altre cose da custode per i propri ETF.
In Europa sono diversi, soprattutto in Germania, i gruppi della finanza tradizionale che offrono questo tipo di servizi. Si procede invece molto lentamente in Italia, dove l’interesse per il settore è sempre stato minimo, con parziali aperture soltanto di recente da parte di UniCredit e Intesa Sanpaolo, anche per questioni molto lontane dall’eventuale custodia.
Nel corso del 2026 potrebbero arrivare altri gruppi della finanza tradizionale a offrire servizi simili, attendendosi un aumento di interesse per il settore degli asset digitali, in particolare negli Stati Uniti d’America.
Piccoli guadagni, ma con grandi volumi
Si tratta di servizi che anche ora, in un mercato con pochi player, offrono relativamente poco in termini di ritorni. Per i grandi gruppi bancari sarà però interessante entrare in questo settore principalmente perché ci si potranno legare anche altri tipi di servizi, sia per i clienti retail, sia invece per i clienti cosiddetti istituzionali.
Anche in Europa c’è comunque fermento, per quanto sia BCE sia diversi tra i regolatori locali non siano granché aperti al settore e che anzi, in più occasioni hanno mostrato una certa ostilità
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