Immagina svegliarti da un lungo coma e scoprire che Bitcoin vale oltre $100.000, quando tu oltre 14 anni prima ne avevi estratto 4.000 monete quasi gratuitamente dal tuo semplice laptop. Non è un sogno dal quale ti risveglierai sudato: è successo davvero a un miner che poche ore fa ha trasferito 150 BTC da un wallet dormiente, rimasto inattivo dal lontano 2011, quando il prezzo di mercato era di appena $17.
In realtà non sappiamo se il miner di Bitcoin sia stato realmente “in coma”, e per quale motivo non abbia mai voluto/potuto aprire il portafoglio e spendere parte del jackpot rivalutato così ampiamente negli anni. Ciò che possiamo dire con certezza, è che adesso detiene un patrimonio digitale di oltre $445 milioni, e che forse, potrebbe essere intenzionato a vendere sul mercato. È un problema per Bitcoin? Lo scopriamo in questo articolo.
Miner dormiente torna attivo dopo 14 anni
27 giugno 2011, ore 21:46 UTC: l’ultima transazione storica avanzata dal miner con cui presumibilmente ha trasferito il bottino della sua attività di estrattore, esattamente 4.000 BTC, frutto di molteplici reward da 50 BTC previsti all’epoca come ricompensa per ogni blocco risolto. Ai prezzi di mercato di quel periodo, le monete valevano “solo” $69.200, mentre ora hanno un controvalore di $445 milioni, una crescita di oltre 6.400 volte.
Non è chiaro il motivo di questa così lunga attesa: potrebbe aver perso temporaneamente le chiavi private, potrebbe aver ritrovato un vecchio computer nello scantinato con il wallet ancora intatto, o semplicemente aver scelto di custodire in silenzio per oltre un decennio.

Ieri alle 18:57 UTC è arrivato il primo trasferimento dopo tutti questi anni: 150 BTC pari a $16,5 milioni, inviati ad un nuovo indirizzo, forse con l’intento di spenderli o solo per iniziare a diversificare le monete. Gli altri 3.850 BTC sono ancora custoditi sul portafoglio originale, inattivo dall’era Satoshi.
Qui sotto possiamo osservare la tx per seguire il movimento dei fondi: ricordiamo che il Bitcoin funziona con una logica input/output, ossia quando si effettua un prelievo, tutti i BTC presenti nel wallet vengono effettivamente spesi in blocco, ma solo una parte viene inviata al destinatario, mentre il resto torna indietro sotto forma di “resto”.

Ora potrebbe vendere sul mercato i propri Bitcoin: correzione in arrivo?
C’è la possibilità che questi BTC tornati in circolazione, potrebbero a breve finire in vendita sul mercato. Sarà un problema per i prezzi? A dire il vero no, o al massimo forse nel breve termine se il miner sarà così poco furbo da voler vendere tutto lo slot in un solo colpo con un ordine taker, ma non sembrano queste le sue intenzioni.
Il mercato di Bitcoin è ormai così maturo e liquido (quasi sempre, ndr.), che potenziali vendite dell’ordine di qualche decina di milione di $ non generano un price impact così forte, ergo i prezzi non si spostano così tanto. Pensate che solo nelle ultime 24 ore sono stati movimentati volumi per oltre 450.000 coins, pari a $50 miliardi.
Non è comunque né la prima, né sarà l’ultima volta, che dei BTC tornano inattivi dopo un decennio di letargo. Ogni tanto qualche vecchio wallet si risveglia ed attira gli allarmi dei monitoraggi on-chain, anche se capita sempre più di rado. Si stima che oltre 1,45 milioni di BTC, pari ad un valore di $159 miliardi, sono fermi dal lancio del primo crypto exchange del 2010, dunque “probabilmente” persi.

Ecco, se tutta questa supply dovesse tornare sul mercato tutta d’un tratto, allora sarebbe un problema per la price action di Bitcoin, ma capite bene che è un’ipotesi davvero poco realistica.
La grande quota di supply detenuta dai miner
Si sa che i miners rappresentano una componente importantissima del network Bitcoin, responsabili di fornire hashrate alla rete e di metterla in sicurezza grazie al loro lavoro. Ad oggi, secondo le metriche on-chain di Glassnode, queste entità detengono ancora un’ampia disponibilità di monete, gran parte delle quali però potrebbero rientrare del grafico mostrato sopra. Si stima infatti che complessivamente nei wallet relativi ai miners si trovano ancora 1.78 milioni di BTC, con una curva molto simile a quella delle coins “probably lost”.
Verosimilmente la differenza tra questa cifra e quella della metrica sopra, ossia circa 300.000 BTC, è la quantità potenzialmente in mano ai miners moderni, che operano in condizioni del tutto diverse da quelle dei miners di una volta. Oggi tutto si svolge in modo più professionale, all’interno di farm specializzate o tramite mining pool, con dei costi operativo molto elevati da sostenere, talvolta anche solo in termini di energia consumata.

Nei primi anni di Bitcoin invece, l’attività era molto più amatoriale e tutti potevano in qualche modo partecipare (purché sempre con un background da smanettoni) con il proprio laptop, senza asic o particolari hardware costosi.
Molti di questi miners “domestici”, per un motivo o per l’altro, hanno perso l’accesso ai propri vecchi wallet, ed è dunque probabile che una grossa fetta di quei 1,45 milioni persi, siano riconducibili a loro. D’altronde considerate che già a fine 2010 erano già stati minati più di 5 milioni di BTC, quindi i conti sono plausibili.
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