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Mining di stato anche in Giappone: Bitcoin con energia “pubblica”

Il Giappone si aggiunge ad altri 10 paesi che fanno già mining, direttamente o indirettamente.

Non è esattamente la prima volta, perché in realtà sono già 10 gli altri paesi che fanno mining Bitcoin “statale” direttamente o indirettamente. Questa volta tocca al Giappone, che come segnalato da Matthew Sigel di VanEck inizierà a fare mining, all’interno di un accordo con Canaan, società che vende appunto macchine per il mining Bitcoin.

Il nome è ancora top secret, ma dato che tutte le società di utility del Giappone hanno importanti partecipazioni statali, possiamo affermare di aver portato a casa anche questo risultato.

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11 stati, direttamente o indirettamente coinvolti nel mining Bitcoin

La lista è di quelle redatte con criteri relativamente elastici, perché VanEck indica all’interno di questa lista praticamente tutti gli stati che o hanno deciso di impegnarsi direttamente nel mining Bitcoin o che vedono loro controllate partecipare allo sforzo.

Ad ogni modo – sembra, almeno secondo quanto viene riportato da Matthew Sigel di VanEck – che Canaan impiegherà macchine direttamente in Giappone proprio in virtù di un accordo con una società di utility locale. Dato che delle 10 operative in Giappone tutte hanno un’importante partecipazione statale, si può aggiungere il Paese del Sol Levante a una lista che comprende già 10 paesi.

La lista ad oggi comprende Francia, Emirati, El Salvador, Iran, Russia, Francia, Etiopia, Argentina e Kenya – in virtù di accordi e di livelli di partecipazione in verità diversi, sia per impegno finanziario sia per controllo diretto.

Per stabilizzare la rete energetica

Secondo il report diffuso da Bloomberg, l’accordo sarà appunto tra Canaan e una utility di importanti dimensioni in Giappone e che vedrà l’impiego di macchine per 4,5 MW, al fine di stabilizzare la rete elettrica. Più interessante però la seconda parte del comunicato, che recita:

Questa iniziativa si allinea inoltre con il piano più ampio del Giappone di riforme nel settore degli asset digitali, incluse recenti proposte di riclassificare gli asset crypto come “prodotti finanziari”, sotto il “FIEA” e introdurre una tassa del 20% flat sui gain, con il piano di espandere anche la partecipazione delle banche nei servizi per gli asset digitali, e autorizzare istituzioni finanziarie regolamentate per la detenzione di crypto asset direttamente.

Un piano che allineerebbe il Giappone agli USA e lo allontanerebbe forse dall’Europa – dove invece l’aria che si respira è quella di un tentativo di maggiore contenimento di questo mercato, con importanti discussioni che potrebbero avvenire a breve sul MiCA – anche in senso restrittivo.

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