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La Turchia banna Bitcoin per i pagamenti!

La Banca Centrale Turca ha bandito l’utilizzo di Bitcoin e delle altre criptovalute per il pagamento di beni e servizi. Una notizia che ha colpito come un fulmine a ciel sereno 80 milioni di turchi che trovano, ormai da tempo, nelle criptovalute un solido rifugio alla perdita enorme di potere d’acquisto della valuta nazionale, la Lira Turca (TRY).

La notizia non arriva completamente inaspettata: è da tempo che tra i più informati circolava la notizia di una possibile stretta su Bitcoin, che pure nella Sublime Porta aveva visto la sua popolarità crescere a dismisura, in concomitanza con una situazione monetaria interna non esattamente brillante.

Turchia Ban Bitcoin
Ban per i pagamenti in Bitcoin in Turchia – il nostro approfondimento

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La scorsa settimana la Turchia ha raccolto informazioni dalle piattaforme di trading

Questo stop a Bitcoin e alle criptovalute è parte di un più ampio piano delle autorità turche nel contrastare il fenomeno. Soltanto la scorsa settimana Ankara ha avanzato la richiesta, presso le piattaforme di trading più popolari nel paese, di ottenere dati sugli utenti che stavano facendo compravendita di criptovalute.

Una stretta autoritaria che accompagna un momento molto difficile per le casse statali turche, con la valuta straniera che comincia a scarseggiare, un’inflazione in doppia cifra e il potere d’acquisto della lira turca che continua a comprimersi.

Una mossa che ha gettato, almeno per il momento, relativo scompiglio sui mercati, con Bitcoin che ha corretto sotto quota 62.000$ e che sta vivendo una giornata calma, ma difficile. Le ripercussioni si attendono anche sul resto del settore, dove anche Ethereum non sta performando particolarmente bene.

Non è la prima volta che…

Gli stati hanno storicamente problemi con le riserve di valore che i cittadini possono utilizzare parallelamente alla moneta con valore legale. Tornando indietro nella storia potremmo ricordare il ban del possesso di oro negli USA, che è parte anche di un easter egg proprio di Satoshi Nakamoto e uno dei motivi che avrebbero spinto il misterioso inventore di Bitcoin a partorire la sua creatura.

Per tornare ai tempi più recenti, sono diversi gli stati che hanno bandito sul loro territorio i pagamenti in criptovaluta. Potremmo citare Algeria, Marocco, Macedonia e in parte limitata anche l’Arabia Saudita, anche se in termini molto più leggeri. In aggiunta, neanche la Cina ha un atteggiamento aperto verso questo tipo di operazioni.

La spiegazione? Il potere di emettere moneta è uno dei più importanti di uno stato – e quando la concorrenza, come nel caso di Bitcoin, può dimostrarsi più forte, il ban può essere sempre dietro l’angolo.

Gli stati possono bloccare Bitcoin?

Tecnicamente no, ma possono renderne molto più difficile l’utilizzo. Proprio come hanno testimoniato le ultime decisioni della Banca Centrale Turca. Un ban di questo tipo proibirà alle attività commerciali di utilizzare direttamente o indirettamente le criptovalute per fare o ricevere pagamenti, rendendo di fatto illegale l’utilizzo delle cripto per scopi commerciali.

Tecnologicamente bloccato? No. Due wallet Bitcoin possono scambiarsi token come e quando vogliono, senza che la Turchia (o qualunque altro stato) possa metterci bocca. Ma gli stati hanno comunque potere di spingerlo ai margini dell’economia. Cosa che, checché ne dicano i criptoentusiasti, può essere un problema, almeno sul breve periodo.

Cosa accadrà a Bitcoin sul mercato?

La decisione, che è stata pubblicata oggi sulla Gazzetta Ufficiale turca, sarà operativa a partire dal prossimo 30 aprile. Conoscendo il modus operandi della Banca Centrale Turca, non pensiamo che ci siano estremi per una revisione della decisione, che arriva, come abbiamo visto, al termine di un percorso repressivo delle criptovalute che dura già da tempo.

Bitcoin ne ha risentito, anche se dovrebbe già avere scontato a mercato la botta. Si continuerà a fare trading – e a puntare verso gli obiettivi che abbiamo segnalato nelle nostre previsioni su Bitcoin come se nulla fosse. La notizia, sebbene di impatto sul breve periodo, non lo sarà sul lungo.

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