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GLI INFLUENCER A GETTONE

C’è del marcio tra i crypto influencer! | Pagati per shillare ai danni degli utenti

SEC a caccia di influencer del mondo cripto. Qualcosa che già si sapeva che sarebbe arrivato e che ora entra nel vivo con il procedimento contro Ian Balina, che qualcuno ricorderà come legato alla ICO di Sparkster. Processo che sembrerebbe essersi concluso con una multa storica, ma che a noi che siamo nel settore dell’informazione a tema cripto racconta anche altro.

Ovvero la necessità, perlomeno da parte di SEC, di andare a colpire quegli influencer che prendono parte (spesso sotto mentite spoglie) alla promozione di progetti di investimento che poi risultano essere poco più di specchietti per le allodole. Progetti per i quali ricevono compensi (spesso non dichiarati al pubblico), innescando dei circoli viziosi dai quali escono sconfitti sempre gli stessi, ovvero i piccoli investitori.

SEC, per quanto con metodi che non piacciono a molti, sta cercando di mettere un punto almeno negli USA riguardo questo tipo di comportamenti. Punto che ha delle conseguenze importanti e che dovrebbe stimolare, almeno a nostro avviso, anche delle discussioni sul settore che prescindano dalle simpatie o dalle antipatie di ciascuno.

SEC colpisce Ian Balina: ma la storia è più grande di questa

Una situazione che profuma ovviamente di 2017-18, biennio che ha fruttato milioni, se non miliardi, a diverse ICO, le offerte di acquisto di token. Un modo di finanziarsi che ha lanciato diversi grandi progetti e che in casi forse più numerosi ha lasciato in molti nelle proverbiali braghe di tela. E che talvolta hanno avuto lanci spinti da persone con grande credibilità nel settore, in particolare con i loro lettori e spettatori.

Torbido cripto influencer
Le ICO non ci sono più, ma il torbido è cresciuto

È il caso di Ian Balina, che si è trovato invischiato nella ICO di Sparkster per avervi partecipato anche tramite investimenti, e per aver organizzato delle pool di investitori mentre con la sua faccia pubblica promuoveva l’acquisto del token.

Qualcosa che non è andato giù a SEC, che ha ben pensato di ficcarci il naso, comminare multe ai gestori del progetto e vederci chiaro, bonus compresi che sono stati però negati da Balina. Di Balina, per quanta simpatia o antipatia possa suscitare, ci interessa poco, c’è un’altra questione che anche a distanza di 4 anni dovrebbe tenere i nostri lettori ben più sulle spine. Ovvero il comportamento di diversi outlet informativi nel mondo cripto.

Il grande assalto al vostro portafogli continua

E la prova possiamo averla dalla miriade di post che promuovono progetti sconosciuti, spesso associati con collegamenti piuttosto fiacchi a progetti ben più popolari. Tutti i nostri lettori si saranno infatti trovati davanti a post, mai però su Criptovaluta.it, con titoli di questa forma:

  • XX sarà il nuovo YY

Dove XX è il token che si vuole promuovere e YY un token già più famoso e magari con una grande capitalizzazione sul mercato. Oppure ne avranno visti di questa risma:

  • XX, YY e ZZ pronti per la prossima bull run

In questo caso manipolazione del sentiment più articolata, dato che non è evidente immediatamente il fine di pubblicazioni di questo tipo. Bene, come abbiamo già scritto diverse volte su Twitter, si tratta di post a pagamento (le richieste di pubblicazione arrivano anche a noi), fatte da chi promuove progetti molto ricchi ma che spesso non incontrano il favore dei mercati.

E in aggiunta: spesso questi progetti non hanno nulla da offrire se non centinaia di migliaia di euro da mettere sul piatto. Con tanti ignari lettori che finiscono, post dopo post, di avere effettivamente davanti il progetto del secolo.

No, non basta scrivere “Post a pagamento” o “Post promozionale”

In direzione ci siamo promessi di aprire, volta per volta, un po’ del nostro mondo interno, quello di chi fa informazione a tema cripto, anche ai nostri lettori. E la prima finestra che apriremo, spinti dal caso di Ian Balina è proprio questo. Ovvero il nuovo modo di progetti con le gambe di argilla di rendersi popolari trovando pubblicazioni compiacenti che non riescono a dire no a qualche migliaio di euro per post.

Sempre in guardia, perché è una pratica che vediamo anche su testate e su pubblicazioni sulla carta affidabili. E perché non riteniamo che sia sufficiente scrivere in fondo all’articolo o in cima che si tratta di post promozionali.

Perché una delle dinamiche più tipiche da parte dei lettori è quella di fermarsi al titolo, e anche quando Google News riprende tali notizie sono in molti ad essere esposti al titolo senza poi approfondire il contenuto.

Noi dal canto nostro, pur andando contro il nostro tornaconto economico, dichiariamo pubblicamente di non aver mai accettato offerte del genere. Così come promettiamo pubblicamente di non farlo in futuro. Chi non ci crede o ha prove in senso contrario, ha diversi canali tramite i quali smentirci.

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