La grande corsa dell’oro è dipesa anche dagli acquisti – consistenti – di diverse banche centrali non allineate. Con non allineate intendiamo quelle che hanno avuto, hanno o potrebbero avere problemi politici con gli USA e più in generale con il cosiddetto blocco occidentale.
Le analisi più miopi parlando della necessità della Cina, dell’India e degli altri paesi che ne stanno seguendo le orme di acquistare oro per tutelarsi da eventuali sequestri (come quelli capitati alla Russia). La realtà è che quanto accaduto agli asset russi non è una novità assoluta. La novità assoluta è che certi paesi potrebbero guardare anche oltre l’oro. Ci sono degli ottimi motivi per farlo e altri certamente meno ottimi.
La premessa: non è la prima volta che succede
La questione non è essere d’accordo o meno. La questione importante è capire a che tipo di conseguenze può portare l’utilizzo dei sequestri di asset come strumenti di ritorsione politica. La discussione in Europa è arrivata anche all’impiego dei ritorni degli stessi asset per finanziare una delle due parti in guerra, mossa che in molti tra gli analisti ritengono come una sorta di punto di non ritorno.
In realtà i sequestri di asset custoditi da paesi sovrani all’estero non sono una novità assoluta.
- Iran, 1979-80: durante la crisi degli ostaggi furono sequestrati circa 12 miliardi di dollari di asset appartenenti alla Repubblica Islamica;
- Iraq, 1990: dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, furono sequestrati asset appartenenti anche alla banca centrale irachena;
- Libia, 2011: decine di miliardi di dollari di asset libici e riconducibili alla famiglia Gheddafi, ai fondi sovrani e anche alla banca centrale finirono sequestrati;
- Afghanistan, 2021: dopo la rocambolesca uscita degli USA dal paese e il ritorno dei talebani al potere, 7 miliardi di dollari della banca centrale dell’Afghanistan sono stati sequestrati dagli USA;
- Russia, 2022: dopo l’inizio del conflitto ucraino, sono stati sequestrati asset per circa 300 miliardi di dollari.
Ci sono stati poi diversi interventi di minore entità e rilevanza politica, che hanno coinvolto Siria, Venezuela, Myanmar.
Non è importante chi sia stato colpito né il perché: è importante capire almeno tre questioni:
- Bond e asset finanziari al di fuori del proprio paese possono essere sequestrati con enorme facilità;
- L’oro, se non custodito nel paese, può essere sequestrato con altrettanta facilità;
- È molto difficile tornare in possesso degli asset.
Il perché dell’oro
L’oro ovviamente, se custodito nel paese stesso, risolve parte di questi problemi. Per metterci le mani sopra è necessaria un’invasione di terra e la liquefazione totale del governo e delle sue strutture.

Non è una cosa che succede di frequente. Succede però che in caso di regime che viene giù l’oro venga spostato per poi essere, almeno in parte, restituito al successivo regime. Di polemiche ce ne sono in genere tante, di lingotti di cui si perde traccia, anche.
Tuttavia l’oro, pur quando può essere difeso fisicamente, ha altri problemi:
- È molto difficile da spostare;
- È molto difficile pagarci senza che la controparte si fidi;
- La custodia ha dei costi enormi.
Bitcoin può risolvere questi problemi?
È in realtà una narrativa che esiste da molto tempo tra gli appassionati più istituzionali di Bitcoin. Bitcoin infatti, al contrario dell’oro:
- Non è difficile da spostare;
- Può essere diviso quasi infinitamente;
- Ha bassi costi di custodia.
Sono vantaggi enormi rispetto all’oro fisico, e benché sarebbe assurdo vederlo rimpiazzare le riserve auree, potrebbe comunque essere un’alternativa nella quale allocare una parte di denaro.
Questo soprattutto se certe banche centrali, per le legittime preoccupazioni di cui sopra, dovessero ridurre progressivamente l’esposizione in asset finanziari che o appartengono a altre economie e mercati al di fuori del proprio controllo, oppure sono comunque e per altri motivi facilmente sequestrabili.
Non è così facile
Ci sono altre questioni però che rendono Bitcoin poco appetibile, ancora, per le banche centrali. E che probabilmente renderanno operazioni di questo tipo fantascienza per il grosso degli istituti:
- Volatilità del prezzo
Sul breve, per quanto in riduzione, è ancora alta. Qualunque tipo di istituzione di questo livello lo ritiene un asset risk on, ovvero di quella categoria di asset che non si sposano granché con l’idea di riserve.
- Resistenze del FMI e di altre istituzioni sovranazionali
Paesi che hanno provato ad aggiungere Bitcoin alle proprie riserve, per quanto lo abbiano fatto in modo molto poco ortodosso e convenzionale (vedi El Salvador) hanno subito attacchi diretti da parte del Fondo Monetario Internazionale. Alla prima difficoltà, è proprio Bitcoin che finisce sotto attacco (ad esempio il Fondo Monetario ha concesso un prestito a El Salvador imponendo però lo stop a tutte le operazioni “Bitcoin”).
- L’allucinazione collettiva
L’oro non ha una vera utilità. Vale molto perché tutti ritengono che valga molto. Viene ritenuto l’asset più solido nei momenti di crisi perché… tutti ritengono che sia un asset utile nei momenti di crisi.
Non posso che invitarvi a ragionare su questo specifico punto, aggiungendo, prima di salutarci, che è lo status più difficile da raggiungere per un asset che vuole o rimpiazzare o comunque affiancare l’oro.
- Bitcoin è davvero incensurabile?
Proprio su queste pagine abbiamo discusso di questo tema già in passato. È vero che Bitcoin è incensurabile, ma data la concentrazione di diversi grandi operatori di mining negli USA, sarebbe forse il caso per i paesi che vogliono dotarsi di una riserva in BTC di guardare anche alla possibilità di partecipare al network. Ma questo sarà un tema anche per altri approfondimenti.
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