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BUGIE POLITICA

Bitcoin: le bugie degli USA, i trucchi di El Salvador. Se ucciderà la politica…

USA e El Salvador danno ragione a Paolo Savona. Bitcoin sfascerà questa democrazia.

Tick tock, next block. Non c’è niente che può stoppare Bitcoin. E non c’è niente che lo eguaglia in trasparenza. Anche se per il presidente di CONSOB è uno strumento che ucciderà la democrazia, bisognerà pur convenire su un fatto: su Bitcoin tutto è verificabile, poco si può nascondere e più in generale c’è un’applicazione autentica di quel LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI che campeggia sui tribunali, ma che poi difficilmente i sistemi politici riescono a onorare.

Allontanandoci un po’ dall’Italia per raggiungere lidi più rilevanti sul piano finanziario, si dovrà pur tornare a parlare del ritardo con il quale gli Stati Uniti stanno gestendo la questione Bitcoin, in particolare per quanto riguarda i $BTC già in possesso delle autorità federali. Sono decine di migliaia, ci sono delle stime relativamente affidabili, ma a oltre 6 mesi dall’insediamento di Trump (e dalla nascita della Crypto Task Force) non abbiamo ancora un audit. O in altre parole, ancora non sappiamo esattamente quanti BTC sono in mano agli USA.

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Quanti Bitcoin? Non si può sapere

Viviamo in un’epoca nella quale al cittadino viene chiesta la massima trasparenza nei confronti delle istituzioni, soprattutto quando si parla di soldi. Bonifici tracciati e parlanti, valute digitali delle banche centrali che forniranno dati preziosi alle banche centrali sulle nostre abitudini di consumo, capacità dei tribunali di spulciare in tutta la nostra storia di pagamenti.

Al contrario però c’è davvero da lavorare. Sono passati più di 180 giorni da quando Donald Trump ha dato incarico alla cosiddetta Crypto Task Force di fornire una strategia di accumulo su Bitcoin e contestualmente di dare anche una contata a quelli che sono già in possesso delle autorità.

Questo perché la famosa riserva strategica in Bitcoin – non potendo il governo disporre alcuna spesa senza l’ok del Congresso – partirà proprio da lì. Ovvero dai BTC che il governo USA ha ottenuto da procedimenti penali o civili (meno quelli che dovranno essere restituiti alle vittime).

Cosa sappiamo a quasi 200 giorni dall’insediamento di Trump? Nulla.

L’altro caso: quello di El Salvador

Non è soltanto un problema che riguarda gli Stati Uniti. Anche a El Salvador, il paese centroamericano guidato da Nayib Bukele, le cose non vanno diversamente.

El Salvador si è accordato con il Fondo Monetario Internazionale per un mega-prestito, accettano tra le condizioni l’interruzione di praticamente ogni piano legato a Bitcoin.

Tra le condizioni, dunque, anche lo stop agli acquisti periodici (erano uno al giorno, secondo le dichiarazioni delle autorità) di BTC.

Nonostante ciò, l’ufficio Bitcoin di El Salvador ha continuato a postare immagini dei wallet che si ingrandivano, di acquisti che continuavano, una sorta di sberleffo continuo e ripetuto ai danni del Fondo Monetario.

Peccato che poi quelli del Fondo Monetario hanno svelato l’arcano: in realtà sarebbero spostamenti interni mascherati da acquisti. Non sono mai arrivate smentite da El Salvador, cosa che lascerebbe pensare che la presa in giro c’è stata, ma ai danni degli amanti di Bitcoin che avevano dato credito a Bukele.

Vero o meno, permane il problema di trasparenza

I più cinici tra i nostri lettori condivideranno con chi sta scrivendo un pensiero un po’ cupo. Ha ragione Paolo Savona, presidente di CONSOB, che qui se l’è presa con Bitcoin come nemico e possibilmente assassino della democrazia.

Se la democrazia è questa, ovvero un complesso gioco di leve e specchi, una colonna di fumo per nascondere topolini spacciati per elefanti, Bitcoin dovrebbe forse rivendicare con forza la sua intenzione di essere esecutore di questo sistema.

Perché al contrario di quanto accade tra i banchi del governo e del parlamento, su Bitcoin non si può mentire. Mai.

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