Gli effetti dei dazi di Trump colpiscono, come prevedibile, il settore mining. Bitmain Technologies, società cinese che è contestualmente la più importante produttrice di hardware per il mining Bitcoin, ha confermato i piani per l’apertura di un primo sito produttivo negli USA.
La decisione sarebbe arrivata sia a causa dei dazi, sia per sposare quella linea Made in America che l’amministrazione Trump sta spingendo anche per il settore delle criptovalute. Non è stata ancora decisa una sede – con Texas e Florida che sarebbero in cima alle preferenze del gruppo, secondo quanto è stato riportato da Bloomberg.
Primi effetti dell’America a trazione crypto
Ci sono i primi effetti del programma, vasto e dai contorni ancora non ben delineati, creato da Donald Trump e dalla sua amministrazione per avere un comparto Bitcoin sempre di più a trazione statunitense.
Secondo quanto è stato riportato da Bloomberg, Bitmain sarà pronta già per il 2026 con la produzione di macchine ASIC per il mining Bitcoin che verranno realizzate negli Stati Uniti, per arrivare poi a pieno regime entro la fine dell’anno.
La notizia sarebbe stata confermata al giornale da Irene Gao, che per il gruppo è a capo delle operazioni globali.
La mossa avrà senso commerciale, dice il gruppo, anche tenendo conto dell’enorme incertezza che ruota intorno ai dazi, il cui impatto finale è ancora… difficile da valutare.
Costi più alti ma…
Certo è che Bitmain dovrà far fronte a costi più elevati, in particolare in termini di stipendi per gli addetti. Costi più alti che però per il gruppo sarebbero comunque l’opzione preferibile a fronte di incertezze sui dazi che potrebbero rendere le esportazioni verso gli USA di hardware prodotto in Asia pressoché impossibile.
In aggiunta c’è, dicono sempre da Bitmain, la possibilità di godere dell’onda lunga che potrebbe crearsi grazie all’impegno dell’amministrazione Trump a favore del settore.
Si è intanto in attesa in questi giorni anche di novità sul fronte delle riserve in crypto federali: dovrebbe essere infatti pubblicato il primo report della task force che Trump ha incaricato della “soluzione del problema”.
Intanto le aziende cominciano ad arrivare, pur di non correre il rischio di perdere un mercato, quello di chi acquista macchine per il mining, che negli USA è di enormi proporzioni.
È qui infatti che sono quotate tutte le principali società di mining – che non sembrerebbero avere alcuna intenzione di spostarsi altrove.
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