Il progetto Chainlink sta diventando un tassello imprescindibile dell’ecosistema DeFi, con i suoi servizi che crescono in termini di diffusione ed adozione reale, estendendosi ad una base sempre più ampia di utenti. In particolare, il protocollo di interoperabilità CCIP, che consente di trasferire token e messaggi tra diverse blockchain in modo rapido ed affidabile, ha registrato una crescita esplosiva nell’ultimo anno con un +1.900% di volume cumulativo.
Numeri straordinari che si aggiungono ad altre metriche altrettanto stupefacenti, in grado di posizionare Chainlink in qualsiasi contesto serva un’entità in grado di “rassicurare” del valore on-chain. Vediamo più da vicino alcuni dati in questo articolo, e cerchiamo di capire se e come tutto ciò possa riflettersi sul prezzo del token LINK, oggi in rialzo del +12% nel mezzo di ampia ripresa del settore crypto.
Chainlink CCIP: BOOM di volumi
Appena un anno fa il prestigioso protocollo di comunicazione “omnichain” CCIP aveva facilitato il trasferimento di $375 milioni di asset sin dal suo lancio a fine 2023. Oggi quel valore è balzato a $7,7 miliardi di dollari, grazie soprattutto ai risultati degli ultimi mesi, con una crescita YoY impressionante che supera il tasso del 1.900%.
Pochi giorni fa c’è stato anche il record di volumi giornalieri, con ben $54 milioni trasferiti in sole 24 ore, cifra impensabile guardando allo storico di inizio anno dove si viaggiava molto più bassi. I token che sfruttano più frequentemente il CCIP di Chainlink sono USDC, LBTC, GHO, solvBTC, USD1 ed rsETH, oltre a molti altri impegnati con meno cadenza.

Per questo servizio, Chainlink ha incassato fino ad ora $1,4 milioni di commissioni da parte dei vari progetti che necessitano di un ponte standardizzato cross-chain.
A cosa serve il CCIP?
Non tutti, ad eccezione dei fedeli “LINK Marines”, sanno effettivamente a cosa serva il CCIP. Si tratta semplicemente di un layer di messaggistica e trasferimento che permette di far passare del valore ed informazioni tra blockchain diverse, in modo sicuro e verificabile. Funziona come una rete di oracoli specializzati capaci di mettere in contatto due smart contract distribuiti su reti diverse, che tecnicamente non potrebbero interagire in modo diretto.
Il CCIP di Chainlink risolve proprio questo limite dell’isolamento e della frammentazione dei dati on-chain, offrendo un ambiente universale “omnichain” dove far passare asset, messaggi ed altre fonti di valore, senza compromettere la sicurezza o la decentralizzazione delle varie chain. Così facendo si favorisce il flusso di liquidità tra ecosistemi, ampliando i casi d’uso della DeFi ed abilitando un nuovo mercato globale di capitali interconnessi.
Altre metriche in espansione per Chainlink
Il CCIP è la punta di diamante di Chainlink ma il progetto offre tutta un’altra serie di servizi che meritano di essere menzionati come i Price Feeds, il Proof of Reserve, il VRF, Data Streams, Automation, Proof of Reserve, ACE Data Link e molti altri ancora. Tutti questi nel loro complesso contribuiscono a rafforzare il ruolo e l’importanza di Chainlink come spina dorsale dell’ambiente DeFi, indispensabile per far funzionare molte applicazioni come piattaforme di lending, DEX, protocolli di liquid staking, stablecoin, RWA ed altro ancora.
Insieme l’impiego di tutti i vari servizi si riflette in due metriche fondamentali come il Total Value Secured (TVS) e il Total Value Enabled (TVE) . Il primo rappresenta l’indicatore principale di Chainlink, che mostra il valore complessivo di asset “messi in sicurezza” che dipendono da Chainlink per funzionare. Il secondo invece è una metrica più macro che serve a stimare il valore economico facilitato dai servizi Chainlink, cioè quanti asset passano per la sua infrastruttura.
Entrambi hanno registrato una crescita costante negli ultimi anni, con il TVS che segna un volume cumulativo di $95,7 miliardi ed il TVE che registra addirittura $26,4 trilioni.

L’impatto del successo di Chainlink sul token $LINK
È evidente che Chainlink come protocollo si sia affermato come uno dei maggiori leader del mondo crypto, con il suo zampino che si trova praticamente in qualsiasi ambito della DeFi. Questa notorietà chiaramente si riflette in qualche modo sul prezzo del token $LINK, che funge da token nativo della piattaforma impiegato come base di sicurezza per lo staking e come moneta di pagamento per i vari servizi della rete.
Purtroppo però il valore del token, se paragonato con le metriche di cui sopra, sembrerebbe non rispecchiare l’andamento di crescita dell’ecosistema. Mentre $LINK è scambiato con una market cap di $12,7 miliardi, il network Chainlink rassicura un valore ben più ampio di capitali, con un ritmo di espansione nettamente più a rialzo.
Questo perché Chainlink, nonostante la sua presenza ormai indispensabile, registra fees ancora modeste, cosa che limita l’impatto diretto sui flussi economici legati al token. Inoltre $LINK, come tra l’altro molti altri token DeFi, ha un ruolo comunque importante ma non centrale nei meccanismi del protocollo. Cioè non è solo ed esclusivamente grazie al token se Chainlink riesce ad offrire con successo questi servizi, dunque ne coglie solo una parte del valore generato.
Una tesi bullish per il futuro
Ad ogni modo, anche se $LINK sembra essere destinato a sopportare il peso del comparto altcoin, con utilità ridotta e forte speculazione sui mercati, non possiamo che avere un bias bullish per il lungo periodo. Se Chainlink continuerà ad espandersi e a lavorare come hanno fatto fino ad ora, gli introiti di commissioni aumenteranno in modo significativo tanto da innescare una spinta rialzista sulla moneta.
Infatti, parte delle fees viene impiegata dal progetto per rafforzare una riserve strategica di $LINK, tramite un processo di buyback sul mercato. Ad oggi la riserva ammonta a poco più di $9 milioni di controvalore, cifra ancora modesta rispetto ai volumi di scambio sul mercato, ma che evidenzia comunque una domanda organica sul mercato per i servizi del progetto.
Chainlink è probabilmente uno dei pochi protocolli del mondo crypto che ha un modello di business funzionante e una domanda reale per dei servizi che non rappresentano mode passeggera, ma componenti strutturali dell’intero web3.
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JOVAY ED ETHEREUM
Buongiorno di nuovo Federic – parleremo presto di Jovay all’interno di una più ampia ricognizione delle “l2 aziendali” – anche cercando di ridurre un po’ l’hype inutile intorno a certe operazioni (non è il caso di Jovay, a mio modesto avviso, che invece potrebbe essere interessante) e invece sostenendo quelle che hanno della ciccia.