Bloomberg conferma la proposta di Bank of England per quanto riguarda i limiti massimi di detenzioni di stablecoin per i cittadini inglesi e per chi è residente nel Regno Unito. Si tratta per il momento di una proposta che arriva però dalla banca centrale e che dunque avrà un certo peso.
Il limite sarà di 20.000£ in controvalore su stablecoin per ogni singola persona, nel tentativo di arginare una possibile fuga verso questa tecnologia. Non si tratta però di una presa di posizione priva di ragioni. Anzi, è forse l’unico modo per garantire il funzionamento del sistema per come è oggi e per come vorrebbe essere domani.
Bank of England: ok le stablecoin, ma con moderazione
Il Regno Unito vuole allinearsi agli USA – o almeno così ha detto di fare – ma fino a un certo punto. Arriva infatti (come già anticipato) la proposta di una limitazione a 20.000£ di limite massimo di detenzione di stablecoin, con la soglia che sarà invece sensibilmente più alta per le attività economiche.
Una limitazione che dovrà funzionare – Bank of England non ne fa mistero – come argine alla potenziale fuga verso le stablecoin. Una fuga che vorrebbe dire diminuire il flusso di depositi verso le banche, flusso che è necessario – ricorda BoE – per il funzionamento del sistema.
Quale sistema? L’esempio che viene fornito da BoE è quello dei mutui. Nel Regno Unito, come in realtà in Europa, il fenomeno dell’impacchettamento dei mutui dentro prodotti finanziari (e dunque che si finanziano a mercato) è pressoché nullo, e l’intermediazione delle banche rimane dunque fondamentale affinché si abbia un flusso di denaro che finisce poi in prestiti con ipoteca al grande pubblico.
Ci sono poi altri problemi che soltanto un paio d’anni fa furono chiaramente illustrati da Fed e che oggi tornano di una grande attualità. Il caso è quello di The Narrow Bank – banca che voleva ricevere depositi, metterli in un master account da Fed (e quindi con rendimento) e distribuire tali rendimenti al pubblico.
Fed negò il master account affermando che un sistema del genere (in realtà piuttosto simile a quello delle stablecoin) avrebbe peggiorato eventuali crisi e momenti di panico per il sistema bancario tradizionale, in quanto avrebbe costituito un’alternativa troppo sicura e che avrebbe accelerato la fuga dalle banche classiche.
Dove con banche classiche intendiamo le banche che ricevono depositi e poi li prestano, con diversi gradi di rischio.
Il vero tema rimane quello del narrow banking
Siamo stati tra i primi (se non i primi in assoluto) a parlarne – e successivamente certe analisi di ESRB (l’entità che si occupa di rischi sistemici nell’UE) e di OCC negli USA ci hanno dato ragione.
Il vero problema con le stablecoin non è il loro essere onchain o una nuova tecnologia, ma il modello che gli viene imposto per le riserve.
Quando compriamo una stablecoin stiamo comprando un token il cui valore – se a riserva – è garantito da cash o da titoli a basso rischio. In altre parole le riserve delle stablecoin non entrano “in circolazione” nel circuito bancario classico, ovvero non vanno a sostenere prestiti, mutui e altri tipi di attività finanziarie.
Per come è organizzato oggi il sistema, si tratta di un modello inaccettabile e contro il quale combatteranno le autorità – a meno che non dovesse limitarsi a poche centinaia di miliardi di depositi.
Un problema che è irrisolvibile perché la coperta della quale sono dotate le banche centrali è, in questo caso, troppo corta.
Bank of England ha deciso di risolverla con una limitazione temporanea (e che dovrà essere approvata). Vedremo cosa, nel caso, faranno gli altri. Il fatto che paghino o meno rendimenti (il grosso delle stablecoin non li paga) non fa per il momento alcuna differenza.
Tant’è che le norme in questione riguarderanno le stablecoin sistemiche in GBP e non quelle utilizzate per il trading come USDT e USDC, che rimarranno sotto il controllo di FCA.
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