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New York: ban di tre anni per il mining di criptovalute

A New York arriva una proposta di legge che potrebbe bandire per tre anni il mining di criptovalute dal territorio dello stato. È la proposta 6486, presentata da poco presso il Senato di New York e che raccoglierebbe le preoccupazioni di diversi politici di marca democratica verso le emissioni dovute al mining di Bitcoin.

Se la legge dovesse passare, per tre anni non sarà possibile fare mining sul suolo dello stato, a nessuna condizione (neanche nel caso in cui le farm fossero alimentate a fonti rinnovabili), con una legge che colpirebbe anche le attività professionali che già operano nel settore.

Mining Bitcoin Ban
Se passerà la proposta di legge 6486, non si potrà più fare mining a NY

Per il periodo successivo alla moratoria, sarebbero poi in vigore dei controlli stringenti su qualunque attività in apertura in questo settore, con un controllo minuzioso dell’impatto sulle emissioni di gas serra e sulla fauna e le fonti d’acqua.

I democratici compatti a sostenere la proposta

Secondo quanto riportato da diverse fonti, i senatori del Partito Democratico sembrerebbero essere piuttosto compatti a sostegno di questo disegno di legge. Ad introdurre la proposta di legge è stato Kevin Parker – DEM -, presidente della Commissione su Energia e Telecomunicazioni, con il supporto di Rachel May – DEM – della Commissione Legislativa sulle Risorse Agricole.

La proposta non avrebbe raccolto che commenti tiepidi tra i Repubblicani, sebbene sia da ricordare che, nel caso, i Democratici avrebbero anche da soli la possibilità di far passare questa legge, senza chiedere sponde altrove, con una schiacciante maggioranza di 40 a 23.

Una legge ambientalista

Almeno nelle intenzioni, così come segnalato all’interno della proposta di legge. Focus della proposta il rallentamento dei danni ambientali e dell’impatto sulle emissioni di anidride carbonica da parte del comparto mining.

In aggiunta, saranno previsti dei controlli pervasivi su qualunque attività sia coinvolta professionalmente nel mining: dopo le ispezioni, se le attività non dovessero essere in target, potrebbero essere bandite dalle attività di mining per sempre. E per quelle in via di costituzione, sarebbero revocati permessi ad operare nel territorio dello stato.

Il tutto con riferimenti, all’interno della legge, al fatto che una singola transazione tra criptovalute consumerebbe più energia di quanto farebbe una casa media statunitense nel corso di 1 mese.

Polemiche che fanno il paio con quanto abbiamo raccolto anche in questo approfondimento sull’impatto di Bitcoin, che ricorda a chi si sta buttando troppo rapidamente sulle critiche di tipo ambientalista alle criptovalute, che il quadro è molto più complesso e che andrebbe contestualizzato anche con attività di tipo analogo.

La Cina fa lo stesso? Dipende

La settimana scorsa era circolata in rete la notizia che la Cina avrebbe avviato delle ispezioni presso i centri di mining commerciale più importanti, individuando questo tipo di attività come problematiche per il piano quinquennale di abbattimento delle emissioni nella Repubblica Popolare.

Sebbene non siano ancora chiari i dettagli di questo specifico intervento della Repubblica Popolare, sembra che si sia comunque lontani da un ban generalizzato come quello proposto dallo Stato di New York.

Potrebbe essere un problema per Bitcoin?

NoBitcoin non sfrutta attività di mining concentrate nell’area di New York, ma in zone altre zone del mondo – con circa il 65% della potenza di calcolo del network che si trova proprio in Cina. Anche un ban di questo tipo finirebbe per danneggiare soltanto chi ha fatto investimenti sostanziosi per fare mining in modo commercialmente organizzato.

Non sembrerebbero essere colpiti, almeno per il momento, coloro i quali fanno mining privatamente, fenomeno che difficilmente potrebbe essere controllato, senza l’ingresso casa per casaQui si può leggere la proposta nella sua interezza, così come presentata al Senato dello Stato di New York.

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