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Sulle tasse crypto e Bitcoin Giappone batte Italia e evita il DISASTRO INIQUO

Due atteggiamenti diversi da parte di Italia e Giappone. Incredibilmente, il secondo è più...

Il Giappone inizia a muoversi per cambiare la tassazione sulle criptovalute. Si torna a parlare di un’imposta sui gain del 20%, modificando così un regime che oggi vede questi guadagni tassati come redditi altri e soggetti a un’imposta progressiva che può arrivare fino al 45+10%.

La normativa è ancora in via di definizione, dopo dibattiti che si trascinano in realtà da mesi. Gli operatori di settore stanno inoltre spingendo per avere una compensazione delle minusvalenze fino a 3 anni.

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Non è detto che sia un miglioramento, però…

Viene quasi da piangere. Nel giro di 2 anni gli italiani si troveranno a perdere la soglia non tassabile dei 2.000€ (già successo) e pagare invece del 26% il 33%. Un peggioramento che è il più significativo a livello globale per quanto concerne la tassazione crypto.

In Giappone invece si fa diversamente. Oggi i guadagni ottenuti tramite il trading di criptovalute sono tassati come redditi altri, una categoria nella quale finiscono i redditi che non derivano da attività professionale.

Una categoria che è sottoposta a tassazione progressiva che arriva fino al 45% (più il 10% di imposte locali) sopra certe soglie. Sarà però in realtà un peggioramento per almeno una parte degli investitori.

Ad oggi infatti si paga un 5%+10% se si è sotto i 2.000.000 di yen (circa 12-13.000€) per poi salire al 10+10% fino al doppio di quella soglia, finendo al 45%+10% per l’ultima aliquota.

Per tutti gli altri, che magari hanno anche altri redditi altri, sarà una normalizzazione che porterà a un vantaggio rilevante. E, cosa più importante, al contrario di quanto avviene in Italia, ci sarà una sorta di equiparazione tra investimenti crypto e investimenti in asset tradizionali.

Il contrario di quanto avviene in Italia perché – a meno che non ci sia un salvataggio in extremis durante la discussione della prossima Legge di Bilancio – gli investitori in crypto pagheranno il 33%, contro il 26% delle azioni e il 12,5% di certi bond statali.

La legge NON è uguale per tutti

In Giappone non lo è oggi. E si sta cercando di sistemare la situazione equiparando le diverse categorie di investimenti e di investitori, così da permettere a tutti di decidere in libertà cosa fare dei propri soldi senza che ci siano indebite intromissioni dell’autorità pubblica.

La strada scelta in Italia sembrerebbe essere invece contraria. Le criptovalute – che siano utilizzate per pagamenti o per investimento poco cambia – devono per l’attuale governo essere contrastate con ogni strumento, compreso quello della tassazione punitiva.

Tassazione punitiva che però magicamente sparirà per chi sceglierà gli ETF (che ingrassano le tasche di società che in Italia pagano esattamente zero tasse) oppure ancora derivati, che presentano maggiori rischi.

Non avevamo grosse aspettative, è vero. Ma è altrettanto vero che non si può che rimanere che stupiti davanti a cotanta voglia di fare male al settore.

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Niko
Niko
3 mesi fa

Auguriamoci che il signor ministro Giorgetti, legga quest’articolo e ne tragga le giuste conseguenze.