Christine Lagarde, che è a capo di BCE, è tornata a parlare di stablecoin. Non le piacciono, e questa non è una notizia. La notizia è che si continuano ad agitare spauracchi che, se esistono, sono conseguenza di regole che sono state pensate poco e male. In particolare quelle che impongono ai gestori di stablecoin autorizzati a operare in Europa la custodia fino al 60% di liquidità presso istituti bancari.
È IL problema di fondo. Si chiama rischio di liquidità, Christine Lagarde fa bene a ricordarlo. Ma più che ricordarlo ai mercati dovrebbe ricordarlo a chi ha scritto certe regole. Che infatti negli Stati Uniti sono state scritte diversamente.
Crisi di liquidità e stablecoin
C’è qualcosa di inquietante nell’allarme lanciato da Christine Lagarde sulle stablecoin.
Primo perché ha ragione: c’è oggettivamente un rischio liquidità con le stablecoin del quale le autorità fanno bene a preoccuparsi.
Secondo perché questo problema si è già presentato in passato, in particolare con USDC negli USA, ma non per colpa delle stablecoin, ma piuttosto per il fallimento della banca che custodiva i suoi denari.
Terzo Perché nonostante questo precedente, le autorità europee – anche su consiglio della Banca Centrale Europea che Lagarde presiede – ha scelto di spingere le stablecoin verso questo rischio e non lontano dallo stesso.
Per chi non ha seguito la storia dall’inizio, sarà utile fare qualche passo indietro.
Che cos’è il problema di liquidità?
Anche se Christine Lagarde non lo spiega, è facile capire a cosa si riferisce:
- Le stablecoin sono coperte 1:1
Per ogni euro/dollaro stable in circolazione c’è un euro o un dollaro (cash o in asset) a garantirne il valore.
- Si può chiedere la conversione
In qualunque momento si può chiedere la conversione. C’è riserva, quindi se ci presentiamo con 100 milioni di dollari in USDT, Tether ce li convertirà in 100.000.000 di dollari… veri.
- E se non si può?
Il problema di liquidità c’è quando la società emittente non può far fronte, anche per un breve periodo, alle richieste di conversione. I motivi possono essere diversi: non ci sono le riserve che si erano annunciate, oppure sono investite in asset che non possono essere liquidati.
Il caso di USDC: aveva denaro, tanto, da Silicon Valley Bank, che fallendo non poteva permettere a Circle (che gestisce il token USDC) di ritirarlo. Una crisi di liquidità a tutti gli effetti.
Come si può mitigare il problema?
Tendenzialmente imponendo ai gestori di stablecoin riserve 1:1 in asset che siano liquidi. Le scelte sono diverse – e ognuna presenta dei pro e dei contro:
- Cash presso le banche
È la forma più liquida di denaro. Depositi, i tuoi USD o EUR son lì pronti per essere prelevati. Ci sono però due problemi.
Il primo è che per i gestori è una modalità pessima: i depositi bancari non producono interessi. In breve: finirebbero per fare un gran lavoro senza guadagnare nulla.
Il secondo è che le banche stesse possono avere problemi di liquidità. Uno perché NON hanno a loro volta tutti i soldi che sono scritti nei depositi dei clienti. Due perché possono fallire, come ha fatto Silicon Valley Bank.
- Titoli di stato a breve scadenza
È una forma molto liquida di asset. Parliamo di debito pubblico che va a scadenza entro breve e che può essere venduto senza perdere granché. Con un po’ di sovracollateralizzazione, neanche troppa, si è sicuri al 100% di avere copertura per i prelievi.
Primo problema: cosa succede nel caso di una crisi del debito pubblico? La risposta è che potrebbero esserci problemi, ma se la valuta di riferimento di una stablecoin è al centro di una crisi del debito sovrano, l’ultima delle preoccupazioni dell’investitore è non poter convertire le sue stablecoin in denaro vero.
- Reverse Repo
È un meccanismo dove a brevissimo termine un’istituzione versa denaro alla banca centrale in cambio di titoli di stato, con l’obbligo di effettuare l’operazione inversa entro poco tempo (in genere overnight).
È un sistema che la banca centrale utilizza per tenere i tassi di breve periodo stabili e per assorbire la liquidità in eccesso di banche e istituzioni. È fruttifera, dunque piace molto alle stablecoin (Tether vi fa ricorso).
Tuttavia è un mercato di taglia non sempre uguale e che potrebbe non essere l’unico utilizzabile da parte dei gestori di stablecoin.
Nessuna soluzione è perfetta e probabilmente una gestione del rischio accurata da parte dei gestori dovrebbe prevedere una combinazione delle tre.
Con il MiCA però si è scelto a favore della prima soluzione – probabilmente anche per favorire le banche destinatarie di depositi – aumentando però complessivamente il rischio non solo del sistema stablecoin, ma di tutto il sistema finanziario.
- Cosa succede se…
Immaginiamo una corsa agli sportelli per una qualunque stablecoin. Il pubblico non si fida più e chiede conversioni. Il gestore comincia a prelevare dalla banca la valuta sottostante e a distribuirla. Parte quella che è la più classica delle corse agli sportelli e le banche vanno in difficoltà.
Anche le stablecoin non colpite immediatamente dal panico finiscono per venirne colpite. Perché il pubblico inizia a ragionare sulle riserve delle altre, se un operatore rilevante del settore sta prosciugando la liquidità in banca. Come nelle corse agli sportelli da manuale, il problema aumenta esponenzialmente come fanno le valanghe.
- C’era una soluzione più intelligente?
Sì, e non è l’Euro Digitale. Si sarebbe potuto chiedere ai gestori sopra una certa taglia di operare con licenza bancaria (riaprendo un settore che è di fatto un oligopolio chiuso tanto in Europa quanto negli States), imponendo così una gestione più oculata delle riserve.
Imporre loro di tenere tutto presso 3, 4, 5 o 6 istituti non aiuta. E a evitare il problema della crisi di liquidità è soltanto il fatto che queste regole non permetteranno a nessuna stablecoin europea di accumulare riserve importanti.
In altre parole e per concludere, ciò che c’è di più curioso è che Christine Lagarde si lamenti correttamente di un possibile problema che però ha contribuito a creare e che ha potere, enorme, di mitigare.
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Articolo perfetto!!!!
R.