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PBOC: Financial Street apre su Stablecoin e Crypto. Parla il governatore

Nessuna apertura da Pechino: tornano vecchie preoccupazioni.

Si è aperto oggi il Financial Street Forum di Pechino – e si è aperto all’insegna delle preoccupazioni che arrivano, per la Cina e più in generale per l’ordine finanziario globale, dalle stablecoin. Ad aprire i lavori c’era infatti anche Pan Gongsheng – governatore della banca centrale cinese – che ha lanciato messaggi di grande allarme sia appunto per quanto riguarda le stablecoin, sia per quanto riguarda più in generale il mondo delle criptovalute.

Nonostante l’apertura degli Stati Uniti, permane un atteggiamento molto prudente da parte delle banche centrali e degli enti di regolamentazione, che per Pan Gongsheng sono riconducibili principalmente a problemi persistenti in termini di applicazione delle normative anti-riciclaggio, di trasferimenti trans-frontalieri illeciti nonché di finanziamento del terrorismo.

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Stablecoin: problema globale

Ne abbiamo già parlato ampiamente sulle pagine di questo sito. Le stablecoin e la loro diffusione sono diventati un problema del quale le banche centrali vorrebbero almeno provare a occuparsi.

I problemi più interessanti sono quelli che riguardano l’integrazione di un sistema – quello stablecoin – fondamentalmente incompatibile con l’assetto bancario pubblico-privato – come correttamente sollevato da un recente report di ESBR.

Appunti interessanti che però a Pechino non sembrano aver letto. Pan Gongsheng – governatore della banca centrale cinese – apre infatti il Financial Street Forum di Pechino rincarando la dose su temi che circolano da tempo e che sono – non ce ne voglia un’autorità di questo livello – stati in larga parte smentiti o comunque ridimensionati.

  • Anti-riciclaggio

Le stablecoin più diffuse svolgono controlli KYC/AML sui clienti diretti, ovvero quelli che depositano denaro fiat per ottenere in cambio token crypto. Non possono però condurre certi controlli sul mercato secondario, cosa che potenzialmente potrebbe favorire l’utilizzo di questa forma digitale di pagamento da parte di soggetti sottoposti a sanzioni, oppure in una delle tante liste di gruppi terroristici.

Il problema teoricamente potrebbe anche esserci, ma anche le recenti sanzioni imposte da UK e UE su certi exchange russi – o nell’orbita russa – hanno dimostrato come si possa intervenire almeno al pari di quanto si possa intervenire su certi meccanismi bancari.

Niente cambiamento in Cina

Nonostante ciclicamente tornino alla ribalta notizie di una maggiore apertura della Cina (mainland) al mondo crypto, è confermato da Pan Gongsheng un atteggiamento di chiusura verso il comparto.

La spinta degli USA non sembrerebbe aver sortito effetti non solo in Europa, ma anche in Lontano Oriente, fatta forse eccezione per il Giappone, impegnato in una progressiva apertura al settore sempre però all’interno di contesti regolamentati.

Rimane però una questione aperta: ormai con sempre maggiore frequenza le grandi istituzioni finanziarie pubbliche (e anche trans-nazionali) si occupano – non senza un certa preoccupazione – proprio di stablecoin. Una minaccia all’ordine attuale – e particolarmente difficile da risolvere – e che probabilmente porterà ad un nuovo design del mondo dei pagamenti e anche del risparmio.

I principali paesi e blocchi stanno comunque affrontando la questione – nonostante gli sforzi di diverse entità sovranazionali – alla rinfusa e senza, all’apparenza, un piano coordinato.

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