Nike, importante e conosciuta società di abbigliamento sportivo, è stata citata in giudizio venerdì per la sua fugace avventura nel mondo dei token non fungibili (NFT). Fugace avventura che era avvenuta quando nessuno dei grandi marchi mondiali era riuscito a sottrarsi alla moda del momento. Avventura poi chiusa in fretta e furia, con l’abbandono della piattaforma RTFKT, che aveva acquistato proprio per spingere i propri NFT.
Piattaforma chiusa, investitori con il cerino in mano, qualcuno si arrabbia e telefona al proprio avvocato. Incontra qualche altro scontento e mette in piedi una causa che vuole portare il gigante dell’abbigliamento sportivo in tribunale.
A muoversi è stato Jagdeep Cheema, residente australiano, che afferma a gran voce che la chiusura di RTFKT ha reso pressoché invendibili i NFT collegati al gruppo. E che non avrebbe mai acquistato questi asset digitali senza l’impegno di Nike.
In arrivo un fiume di cause legali?
Il mondo crypto, come tutti gli altri dove girano denari in quantità sufficiente, è da sempre anche terreno di scontro legale. Quando poi in certe scelte e certe iniziative sono coinvolti grandi brand (e con grandi patrimoni) come Nike, la possibilità di vedere cause legali più o meno campate in aria cresce a dismisura.
Con ogni probabilità, dato il bottino potenzialmente succoso, in tanti proveranno ad accodarsi, mettendo Nike nella scomoda posizione di dover quantomeno spiegare in pubblico perché ha deciso di chiudere RTFKT in fretta e furia a dicembre 2024 e se abbia o meno considerato gli effetti che avrebbe prodotto, a catena, sul portafoglio dei (pochi) investitori nell’avventura digital del marchio di abbigliamento sportivo.
RTFKT è stato chiuso a dicembre senza alcun preavviso, con una breve nota che parlava di operazioni indicate dal nuovo CEO del gruppo, Elliott Hill, impegnato a riorganizzare spese e priorità aziendali in quello che è uno dei momenti più duri per Nike.
Il caso ora è attivo a New York, chiede 5 milioni di dollari di danni e cita la violazione delle norme a tutela dei consumatori. Nike non ha ancora commentato, per quello che è un caso che sarà seguito anche da altri brand che dopo aver abbracciato con grande entusiasmo questo mondo, hanno poi cambiato aria senza curarsi delle conseguenze.
Se i giudici dovessero riconoscere in capo a Nike delle responsabilità per quanto avvenuto, cosa ne sarà degli altri brand che hanno operato in condizioni simili?
Nel frattempo il mondo NFT continua per la sua strada, dopo una delle più gravi crisi di sempre e – fortunatamente – animato più dai crypto nativi che dalle avventure estemporanee di grandi marchi che poi non sembrerebbero avere la convinzione di portare avanti certi progetti.
Fortunatamente però non tutti: c’è tanto che continua a accadere in questo spazio, nonché iniziative del passato che sono state portate a termine, in senso positivo, come promesso.
Un settore dove aziende che hanno sposato la causa in modo più concreto – vedi qui l’ultimo report di Bitget – stanno spingendo per esiti invero assai diversi.