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BANKITALIA ALLARME

Bitcoin e crypto stable MINACCIA per STABILITÀ FINANZIARIA: l’accusa di Bankitalia a USA e comparto

Nuovo allarme di Bankitalia, che però sembra un ciclostilato in proprio. Tanta politica, poca economia.

Nell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria di Bankitalia c’è spazio per lanciare l’ennesimo allarme sul mercato di Bitcoin, crypto e stablecoin. Mentre siamo nel vivo della campagna pro Euro Digitale – condotta in prima linea dagli italianissimi Fabio Panetta e Piero Cipollone – l’occasione era troppo ghiotta per non portare un attacco a quello che è diventato il nemico pubblico numero uno.

Tuonano da Bankitalia: Bitcoin è volatile, l’apertura di Trump è pericolosa, gli stablecoin sono una minaccia tanto per l’Europa, quanto per la stabilità finanziaria (globale?).

Di dati in realtà – oltre ai movimenti di prezzo – ce ne sono pochi. Ma tanto basta per fare dell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria materiale che, negli anni ’70, avrebbero diffuso forse con il ciclostile.

Destibilizzare la finanza globale

Non ci riuscirebbero le borse – l’Europa è in questo senso assai solida, dice Bankitalia – ma potrebbero riuscirci Bitcoin, criptovalute e stablecoin. Ma andiamo con ordine e partiamo da quanto scrive Bankitalia su $BTC:

La forte espansione di Bitcoin e delle altre criptoattività caratterizzate da un’elevata volatilità delle quotazioni comporta rischi non solo per gli investitori, ma potenzialmente anche per la stabilità finanziaria, alla luce delle crescenti interconnessioni tra l’ecosistema di queste attività, il settore finanziario tradizionale e l’economia reale.

Non è chiaro in che modo un asset che è al portatore e che non rappresenta debito alcuno possa causare problemi alla stabilità finanziaria. In soccorso delle nostre difficoltà di comprensione, arriva la seconda parte che Bankitalia dedica a Bitcoin.

Una quota elevata di Bitcoin sarebbe detenuta da emittenti di exchange traded funds (ETF) e dalle tesorerie di alcune società non finanziarie. In particolare, l’investimento da parte di queste ultime è realizzato nella convinzione che Bitcoin possa sostenere le proprie quotazioni, esponendole tuttavia alla sua marcata volatilità di prezzo. Una parte significativa di Bitcoin è inoltre detenuta da imprese operanti esclusivamente nel settore delle attività digitali (ad es. le piattaforme di scambio) che, non essendo sottoposte a specifici requisiti di governance, possono essere soggette a rilevanti conflitti di interesse. Tre quarti di queste imprese hanno sede negli Stati Uniti; alcune si trovano inoltre in Cina, Canada e Regno Unito. La loro presenza nei paesi dell’area dell’euro è al momento trascurabile.

Al netto del condizionale – che non abbiamo capito se lascerebbe intendere che ci si può fidare poco delle parole di BlackRock – il tema rimane piuttosto fumoso. Si parla – è evidente – di Strategy, che ha in cassa miliardi di dollari in Bitcoin e che punta sul fatto che BTC mantenga il suo prezzo. Parzialmente vero: Strategy non verrebbe infatti liquidata neanche a prezzi sensibilmente più bassi di quelli attuali. E in aggiunta non si capisce come una società che ha emesso una decina di miliardi di titoli di debito e/o nuove azioni possa diventare un pericolo per la stabilità finanziaria globale o europea.

Il vero attacco è agli stablecoin

L’attacco a Bitcoin è però il fumo che nasconde l’arrosto. Come è noto ai lettori di Criptovaluta.it® infatti, Bankitalia è in prima fila per l’adozione – spedita e senza discussione alcuna – dell’Euro Digitale. Era hooligan dell’euro digitale Panetta (ora a capo di Bankitalia) quando era in BCE, è doppiamente hooligan dello stesso Euro Digitale Piero Cipollone, il nostro uomo a Francoforte.

Sul tema ci siamo già espressi ampiamente e riteniamo che anche questo attacco debba ricondursi ad una campagna elettorale (sì, è elettorale pur se l’organo che la conduce non è elettivo) spregiudicata di BCE a favore dell’Euro Digitale. Campagna che ha peccato più volte di scarsa sincerità, di utilizzo di numeri raffazzonati e più in generale, me ne assumo tutta la responsabilità – di scarsa onestà intellettuale. À la guerre comme à la guerre, direbbero i cugini francesi, e dunque passiamo a quanto è contenuto nel bollettino di allarme di Bankitalia:

Il comparto degli stablecoins si mantiene contenuto e fortemente concentrato in due specifici strumenti (Tether e USD Coin), ancorati al dollaro statunitense attraverso la detenzione da parte dei soggetti emittenti di riserve denominate nella medesima valuta . Uno scenario in cui gli stablecoins legati alla valuta americana assumessero dimensione sistemica potrebbe determinare un’eccezionale domanda di titoli pubblici degli Stati Uniti, utilizzati come attività di riserva dagli emittenti. In caso di dissesto di uno di questi ultimi si potrebbe verificare una corsa ai rimborsi, con un repentino aumento delle richieste di liquidazione da parte dei detentori e con la vendita forzata delle attività di riserva; ciò provocherebbe tensioni sui mercati dei titoli pubblici americani e ripercussioni su altri comparti del sistema finanziario globale.

Ci sono diversi punti notevoli in queste poche righe:

  • Dissesto eventuale

Bankitalia avvisa che un eventuale dissesto di Tether o USDC (curioso anche che per uno venga utilizzato il nome della società, per l’altra il nome del token) potrebbe causare una bank run, costringere gli intermediari a vendere le riserve e dunque causare problemi sul mercato dei bond USA.

Non si cita però – pur essendo presenti delle note in calce – né l’enorme cuscinetto di liquidità di Tether (20 miliardi di equity), né il fatto che le riserve di Circle sono in un fondo money market di BlackRock, la cui rispettabilità ci risulta sia consolidata anche in Europa, dove opera con tutte le autorizzazioni e licenze del caso.

  • Ne sanno più degli americani

Gli americani si sono fatti i conti: insieme Tether e Circle hanno più di 100 miliardi di dollari in bond USA e… incredibilmente e contro il consiglio di BCE ne vorrebbero ancora di più.

Ignorato anche completamente il percorso legislativo in atto negli USA per regolamentare suddetti stablecoin, cosa che li renderebbe molto meno anarchici e pericolosi di quanto lo siano ora.

Ma quando c’è un’agenda politica, portata avanti tra le altre cose da un’entità che di politica non dovrebbe farne, è comprensibile che si scelgano fatti a metà – e solo se utili alla propria causa.

Una Bankitalia partigiana – che però ci stupisce poco. Chissà se un giorno ci si preoccuperà di un eventuale bank run verso istituti bancari che, operando in riserva, al contrario di Tether e Circle NON hanno in cassa quanto depositato dagli utenti.

Altrettanto curiosamente – le accuse verso il comparto sono identiche a quelle mosse da Cipollone soltanto a inizio aprile. C’è coordinazione? Non necessariamente. Come è noto, great minds think alike – e in presenza delle più raffinate menti economiche del Paese e del continente, non ci si deve stupire se i pensieri che vengono prodotti e fatti circolare siano pressoché identici.

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Klaus Marvin
Klaus Marvin
1 mese fa

meglio non fidarsi dei banchieri ma se vedete uno di questi buttarsi dalla finestra buttatevi anche voi, sicuramente c’è qualcosa da guadagnarci