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Premio Nobel contro crypto e stablecoin: arriva la CRISI per tutto il sistema

Simon Johnson non è contento del GENIUS Act, ma su alcuni punti prende una cantonata.

La svolta pro stablecoin degli Stati Uniti non piace a tutti. Non piace a BCE, che sta organizzando barricate a base di Euro Digitale per evitare di trovarsi crypto basate sul dollaro a scorrazzare all’interno della sua economia. Non piace nemmeno al premio Nobel per l’economia Simon Johnson, che in un suo recente editoriale ha attaccato l’approccio in stile deregulation dell’amministrazione Trump sul settore.

Gli Stati Uniti, dice Johnson, sono la principale economia finanziaria del globo anche perché sono dotati di maggiore trasparenza. Una trasparenza che permette agli investitori di percepire più chiaramente rischi e prendere decisioni più informate. In aggiunta, robuste regole sul conflitto di interesse hanno sempre protetto l’economia e soprattutto permesso un trattamento equo degli investitori. Dalle ultime elezioni in poi, non sarebbe più così.

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Le regole ci sono, anzi c’erano, per un motivo

Il lungo editoriale di Simon Johnson è in realtà un’elegia per il sistema di regole che avrebbe permesso, a sua detta, agli USA di prosperare in campo finanziario. Un framework di regole che, afferma Johnson:

Non è emerso per caso, né tramite la competizione del mercato. È invece il risultato di regole intelligenti che sono state create nel 1930, dopo la Grande Depressione (un disastro importante) e che si sono evolute da lì in avanti. Queste regole sono la motivazione principale che rende facile fare business negli USA, portar nuove idee sul mercato e raccogliere capitale per sostenere l’innovazione.

Le regole a cui fa riferimento sono in larga parte contenute nelle Securities Law, un impianto di regole del 1933, poi del 1940, poi progressivamente aggiornate sia con interventi del Congresso, sia tramite pronunce delle corti di rango più elevato.

  • Perché esistono queste regole?

Perché, dice Johnson, i problemi che possono essere creati da un solo player o anche da un’intera industria in campo finanziario possono poi ripercuotersi sull’intero sistema. La regolamentazione esiste, afferma il Premio Nobel, per tutelare il sistema nel suo insieme.

Cos’è successo adesso e cosa non piace al Premio Nobel

Il GENIUS Act è il complesso di regole che regolamentano da un paio di settimane il settore stablecoin negli Stati Uniti. Più che eliminare regole pre-esistenti, in realtà le affermano per la prima volta. Prima di questa approvazione, infatti, l’applicazione qualunque tipo di indagine era nelle mani di SEC, che proprio a tema stablecoin è intervenuta (insieme alla Procura di New York), per contenere il fenomeno, quando non sufficientemente protetto.

È il caso di BUSD, una stablecoin sul dollaro gestita da Paxos e che era legata a Binance, che ha chiuso i battenti per un intervento di SEC ai limiti della fantascienza. Era stata considerata infatti un contratto di investimento, al pari di certi titoli finanziari. Cosa possibile proprio per l’assenza di regole.

  • Cosa contesta Johnson?

Scrive Johnson:

Il GENIUS Act crea un framework per le stablecoin emesse da società statunitensi o straniere. Le stablecoin sono una categoria emergente e importante di asset digitali, disegnate per mantenere il valore ancorato ad una specifica valuta. […] Le Stablecoin operano con un modello simile a quello delle banche: guadagnano interessi sulle riserve che investono, e con questa legge, l’interesse che pagheranno agli utenti sarà zero. Questo crea un incentivo forte per gli emittenti a investire almeno una porzione delle loro riserve in asset più rischiosi, per ottenere ritorni più elevati.

Ed è proprio questo il punto che no ci torna. Il GENIUS Act impone infatti agli emittenti di stablecoin di tenere le riserve o in cash, o in strumenti cash like. Nello specifico la legge afferma che si possono detenere le riserve:

  • In cash presso le banche o presso Federal Reserve;
  • Presso banche assicurate;
  • In T-Bill, ovvero titoli di Stato, con scadenza inferiore ai 93 giorni;
  • In REPO (con sottostante legato ai titoli di cui sopra);
  • In reverse REPO (come sopra);
  • In fondi money market che investono negli asset di cui sopra.

In altre parole, non è permesso per le stablecoin regolamentate dal GENIUS Act investire in asset considerati “rischiosi”.

E quindi rimarremo con il dubbio. Non è la prima volta che un Premio Nobel attacca il settore (vedi Paul Krugman), non sarà neanche l’ultima. Vorremmo anche stare ad ascoltare chi parla da pulpiti così importanti, ma le critiche mosse non trovano riscontro nella realtà.

Se è vero che le regole trasparenti rendono i mercati migliori, è altrettanto vero che fino al GENIUS Act (che potrà non piacere, per carità) non vi era alcuna regola. E tutto era lasciato al potere, esercitato in maniera invero arbitraria, di SEC di intervenire, su leggi degli anni ’30 che non sono state mai aggiornate sul tema crypto.

Qui si può leggere, su Project Syndicate, l’editoriale completo di Simon Johnson.

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