C’è una narrativa del mondo crypto che sta facendo impazzire i mercati, in particolare per due token, PUMP e HYPE, rispettivamente del launchpad PumpFun e del perp DEX Hyperliquid. Si tratta del revenue meta, una nuova narrativa in cui gli occhi degli investitori si concentrano sui protocolli che generano utili reali dalle proprie attività.Per la prima volta nella storia, si inizia a valutare un crypto asset come un titolo azionario, basandosi su dati economico-finanziari concreti che hanno legame diretto con l’andamento dei prezzi.
Questo legame è dato dal fatto che realtà come PumpFun ed Hyperliquid hanno deciso di dedicare la quasi totalità dei propri introiti a fini di buybacks, cioè per acquistare i propri token sul mercato ridistribuendo così valore agli holders. Tutto sembra funzionare alla grande, con gli ultimi rialzi che sembrano dare ragione a questi modelli. Ma ci sono alcuni importanti ragionamenti da fare, che ci faranno inquadrare meglio il quadro complessivo e la possibile direzione per queste monete.
Revenue meta: il mondo crypto come Wall Street
Nel settore delle criptovalute, da sempre le reazioni dei mercati seguono istinti speculativi irrazionali, senza che ci sia mai stato un vero aggancio a parametri economici. Si fanno generalmente altre tipologie di analisi utili per comprendere l’outlook di medio periodo, tra quella on-chain e quella fondamentale, ma nessuna ha mai avuto un ruolo determinante nell’azione dei prezzi nel breve.
Da qualche settimana invece stiamo assistendo ad un rovesciamento di questa logica: le quotazioni dei token PUMP e HYPE sono in rally grazie al trend del revenue meta, alimentato da guadagni reali che vengono spesi a favore degli holders. Una sorta di “dividendo” per titoli crittografici, con la sola differenza che quel valore viene utilizzato direttamente nel mercato per “rimuovere” circolante ed aumentare la pressione d’acquisto.

In pratica più i protocolli vanno bene ed incassano commissioni, più capitale viene reinvestito nei token nativi, generando un effetto leva sul prezzo. Grazie alla magia dei buybacks, PUMP viene scambiato ad un +52% negli ultimi 30 giorni, mentre HYPE ha raggiunto nuovi massimi storici con una corsa del 31%.
Possiamo dunque finalmente valutare una crypto come se fosse una stock, con gli stessi principi? Non ancora esattamente, ma ci sono dei fattori in comune in termini di “lettura dei bilanci”. Proprio di questo, in relazione alle società crypto già quotate in borsa, ne ha parlato ieri in live su YouTube il nostro caporedattore Gianluca Grossi. Se ve lo siete perso, ecco la replica.
Perché proprio PUMP e HYPE?
PumpFun ed Hyperliquid non sono certamente gli unici progetti che effettuano buybacks, ma sono quelli che hanno le revenue maggiori, e che hanno dunque più denaro da spendere per alimentare FOMO sulle proprie monete. Subito dopo i big emittenti stablecoin come Tether e Circle, ci sono loro due, con guadagni mensili rispettivamente per $54 milioni e $102 milioni.

Altri progetti hanno provato la furbata di annunciare programmi di buybacks, facendo anche parecchio rumore sui social, ma con revenue di pochi milioni al mese che non hanno innescato tutto questo movimento speculativo. All’inizio anche piattaforme come Aave, Etherfi, Kaito, Jupiter e Maple hanno cercato di cavalcare l’onda, riuscendoci però solo in parte.
Il mercato si è accorto di chi realmente produce revenue tali da alimentare così buybacks da cambiare le sorti degli order book e generare una pressione di acquisto realmente impattante. In effetti quelli di HYPE e PUMP sono numeri folli, che andrebbero osservati più da vicino, anche per capire chi tra i due ha di fronte più opportunità di crescita.
PUMP vs HYPE: chi vince il revenue meta?
Entrambi i token viaggiano ad alte revenue e buyback giornalieri molto intensi, ma discostano parecchio in termini di market cap. Mettiamo i numeri per esteso:
- PUMP: $2,18 miliardi di market cap. Revenue a 30D per $54,8 milioni con buyback pari a circa $50 milioni. 6,3% di supply rimossa dal mercato da metà luglio.
- HYPE: $18,8 miliardi di market cap. Revenue a 30D per $102,4 milioni con buyback pari a circa $100 milioni. 9,19% di supply rimossa dal mercato da inizio gennaio.
Sostanzialmente PumpFun incassa la metà di Hyperliquid in termini di revenue, e di conseguenza acquista anche la metà in buybacks. Allo stesso tempo però PUMP è molto più piccolo come capitalizzazione, e dunque quegli acquisti influiscono di più sul prezzo. Basta solo pensare che in appena 2 mesi è stato “fatto fuori” il 6,3% della supply.
A questo ritmo, ogni mese il 3% della supply di PUMP viene mangiato dai buybacks, mentre per HYPE questo valore è allo 0,7%. Parliamo in entrambi i casi di numeri record molto bullish, ma assolutamente più impattanti per PUMP.

Secondo meramente questa logica, il token di PumpFun appare estremamente sottovalutato, anche dopo l’ultimo rally del 50%. Il ratio market cap/revenue annualizzato è di 2,9X contro l’11,9X di Hyperliquid. Se la piattaforma di lancio memecoin dovesse continuare con queste revenue, vedremo molto probabilmente quotazioni ben più ampie di quella attuale.
Questa narrativa è sostenibile nel lungo periodo?
Arriviamo ad una riflessione doverosa sulla sostenibilità della narrativa revenue meta. Innanzitutto specifichiamo che sia PumpFun che Hyperliquid sono due casi molto rari di piattaforme web3 che hanno trovato un vero e proprio “product market-fit”, con un business che funziona e produce valore reale. Rappresentano delle eccezioni rispetto ad altri protocolli crypto che non viaggiano a queste cifre, e meritano sicuramente un occhio a favore visto il loro incredibile successo.
Detto ciò, dobbiamo comunque riconoscere alcuni punti a sfavore di questo trend, che rischiano di generare instabilità in un’ottica di lungo periodo. Andando in ordine:
1- Non possiamo sapere se le revenue rimarranno così alte, soprattutto se dovessimo entrare in bear market.
2- PumpFun ed Hyperliquid potrebbero benissimo interrompere i propri programmi di buyback in qualsiasi momento.
3- I token accumulati dai due team potrebbero essere venduti, anche se non sarebbe così semplice giustificarlo alla community.
4- Il revenue meta potrebbe spostarsi altrove, o potrebbero nascere nuove narrative più accattivanti di questo, con il rischio di deflusso della liquidità.
I buyback sono buoni per il futuro di un progetto?
C’è anche questo piccolo inghippo su cui dover ragionare. Così come per le società quotate che distribuiscono dividendi, anche per i protocolli che ridistribuiscono capitali con i buyback, queste pratiche non generano valore per il progetto. Nell’azionario si dice che chi invia dividendi agli investitori è perché non ha più grossi margini di crescita sulla propria attività, e dunque non ha molto senso investire nell’espansione del business.
E se fosse così anche per PumpFun ed Hyperliquid? Sembra esserci in realtà ancora molto da fare e gli ultimi sviluppi confermano la crescita anche sul piano progettuale di queste piattaforme. Ma non possiamo ignorare il fatto che questi buyback facciano bene alle bags degli investitori e al sentimento collettivo, ma tolgano inevitabilmente risorse che sarebbero potute essere spese per accrescere ancora di più l’ecosistema dei protocolli stessi.
Vedremo fino a quando questo trade-off rimarrà in equilibrio. Per ora ci godiamo il momento.
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