L’American Bankers Association – insieme a 52 associazioni statali che rappresentano il settore bancario – ha pubblicato poche ore fa un ulteriore comunicato, chiedendo al Tesoro degli Stati Uniti di applicare in modo effettivo il ban per i rendimenti delle stablecoin. Un ban che – in realtà l’associazione lo sottolinea da tempo – potrebbe essere aggirato tramite offerte da parte degli exchange.
Una situazione pericolosa per le banche, che potrebbero perdere depositi (che sono una fonte di finanziamento a basso costo) a favore di una nuova modalità di pagamento che sarebbe fruttifera per l’utente finale. Il ban è in realtà già presente nel GENIUS Act – il complesso di norme che regolamenta il settore stablecoin negli USA e che è stato approvato successivamente all’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump – e che l’amministrazione in carica negli Stati Uniti ha sempre ritenuto una priorità.
Servono restrizioni
L’ennesimo appello arriva ancora dall’associazione che raccoglie i principali istituti bancari che operano negli Stati Uniti d’America. È ABA infatti che ha inviato una lettera – co-firmata anche da 52 associazioni a livello statale – invitando il Tesoro USA a prendere sul serio le restrizioni all’offerta di interessi sulle stablecoin.
Nello specifico si chiede di intervenire e di:
- Definire in modo più ampio interesse o rendita nel testo, includendo, dice ABA, ogni tipo di beneficio simile;
- Prevenire l’aggiramento delle norme tramite i partner;
- Proibire ogni tipo di rendimento che derivi dalla mera detenzione di stablecoin.
Anche se non viene citata espressamente, destinataria delle restrizioni sarebbe principalmente Coinbase, che ha un accordo con Circle, con quest’ultima che gli versa la totalità degli interessi maturati sugli USDC che sono sulla piattaforma dell’exchange o su servizi collegati.
Ed è proprio da Coinbase e dal suo team legal che in passato era arrivato il primo abbozzo di resistenza.
È evidente che gli interessi sono in conflitto e che le banche temono di perdere depositi a favore di sistemi che sono più efficienti e che in realtà possono distribuire con maggiore facilità rendite ai detentori.
Dei sistemi che sarebbero, pertanto, molto più vantaggiosi dei depositi bancari.
Narrow banking contro banking classico
Di questo tema ci siamo già occupati ampiamente sulle pagine di questa testata – qui il nostro approfondimento sui problemi legati al narrow banking – per una questione che, per i caratteri generali, è in realtà molto meno moderna di quanto potrebbe apparire.
Il sistema bancario moderno, quello che parte dalla banca centrale e finisce alle banche private, si regge su un meccanismo ampiamente incompatibile con depositi retribuiti e zero prestiti – ovvero il modello che le stablecoin utilizzano.
Le banche inoltre hanno esplicitato le loro preoccupazioni anche a OCC – una delle entità federali che si occupa di regolamentazione e vigilanza sul settore – entità che ha risposto di essere pronta a difendere i depositi bancari da un’eventuale fuga verso le stablecoin.
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