OAM, l’organismo presso il quale gli exchange devono – o forse sarebbe il caso di dire dovrebbero, registrarsi, ha diffuso i numeri relativi al secondo trimestre del 2023, ovvero dati che risalgono ai mesi di aprile, maggio e giugno del 2023. Sono dati interessanti, per quanto siano limitati dal fatto che non tutti – anche tra i principali exchange – sono registrati all’OAM. E che tutte le detenzioni in proprio che non sono presso gli exchange sono registrate.
Si tratta infatti di dati che sono stati comunicati direttamente dai VASP, i 94 virtual asset service provider che si sono registrati nell’apposita sezione dell’OAM e che pertanto comunicano dati all’agenzia. Gli italiani avrebbero poco più di 1,2 miliardi di euro in criptovalute. Numeri a nostro avviso bassi e che segnalano come una parte rilevante degli scambi avvenga tramite operatori che non sono presenti nei registri.
Il numero di clienti registrati nel complesso supera il milione e duecentomila unità, di questi però circa il 75% avrebbero effettivamente dotazioni crypto. Gli altri o se ne sarebbero liberati, o non le detengono più presso gli exchange.
Cosa ci raccontano i dati diffusi da OAM
Ci raccontano qualcosa alla quale, con tutta onestà, si fa fatica a credere. Non che OAM voglia rappresentare dati che non ha, ma a quanto pare – almeno secondo altri dati elaborati da altre statistiche – gli italiani continuano a operare tramite exchange che hanno deciso di non registrarsi presso OAM. Oppure tramite mercati in DeFi che chiaramente non inviano dati all’Organismo Agenti e Mediatori.
Gli italiani avrebbero una quantità piuttosto modesta di crypto, almeno a leggere questi dati: si parla soltanto di 1,2 miliardi di euro, a fronte di un mercato che ne vale nel momento in cui scriviamo circa 1.000. Per quanto è chiaro che l’Italia non sia esattamente il primo mercato per Bitcoin e crypto – è altrettanto vero che è francamente impensabile che i residenti in Italia costituiscano solo lo 0,1% dell’intero mercato.
La risposta, come abbiamo scritto poco sopra, è di facile intuizione: una parte certamente rilevante delle detenzioni degli italiani o non è su exchange, oppure ancora non è su exchange che hanno deciso di registrarsi all’OAM. E per quanto i numeri siano comunque interessanti, non sono una buona base di discussione per chi vuole capire cosa stia avvenendo nel mondo crypto in Italia.
Dato in calo, ma c’entrano i mercati
Il controvalore delle criptovalute detenute dagli italiani è inoltre in leggero calo rispetto al trimestre precedente, questione che non può essere spiegata con i valori a mercato, che al 30 giugno erano leggermente più alti di quelli di fine marzo.
Il dato sul cambio da valuta virtuale a valuta legale (l’euro) è in leggera salita – e superiore a quello delle conversioni da euro a valute digitali. Gli italiani, durante una tre mesi caratterizzata da volumi bassi in tutto il mondo, avrebbero deciso di fare lo stesso. Ovvero di tirare i remi in barca e aspettare tempi migliori.