Ahi serva Italia, di dolore ostello, scriveva Dante. Noi che siamo certamente meno autorevoli del sommo Poeta, ci limitiamo a sottolineare una situazione invero assai incresciosa. Perché se è vero che da qualche tempo manchiamo ormai dai grandi palcoscenici della finanza e dell’innovazione del comparto, è altrettanto vero che gli italiani saranno pure un popolo di poeti e di santi, ma sono stati in passato anche un popolo di grandi banchieri.
La scorsa settimana anche Deutsche Bank ha lanciato la sua stablecoin legata all’euro. Prima ancora lo avevano fatto i francesi di Societe Generale. Secondo i bene informati poi si sta muovendo anche Santander. E l’Italia?
Ritardo statosferico
Sarà una coincidenza, ma i due in seno a BCE che più stanno promuovendo l’euro digitale sono gli italiani Piero Cipollone e Fabio Panetta, con il secondo che ha passato il testimone per essere rientrato proprio in Italia, a capo della nostra banca centrale.
Sarà una coincidenza, diciamo, perché in realtà mentre i grandi d’Europa si muovono tutti – anche contro il consiglio di BCE di aspettare l’euro digitale – in Italia si dorme ancora. Ma andiamo con ordine.
Societe Generale, grande gruppo bancario francese, da tempo naviga nel mare sì tempestoso, ma anche potenzialmente fruttifero, della blockchain. Ha già emesso in passato titoli su Ethereum (nel senso di scambiati in forma tokenizzata sul network di ETH) e ormai da qualche tempo gestisce due stablecoin. Una legata all’euro, la seconda – quasi per dispetto – legata al dollaro. Con la seconda che è stata annunciata e emessa proprio dopo l’avvio della campagna di BCE per una maggiore sovranità monetaria digitale dell’area euro.
Deutsche Bank, tramite la sua controllata DWS, non vuole essere da meno. Ha già lanciato infatti il suo EURAU, anche qui stablecoin completamente in linea con quanto previsto dal MiCA e che punta a far girare su exchange e anche mercati tradizionali.
Una rondine non fa primavera, e neanche due. E infatti c’è anche Santander che da tempo si sarebbe attivata per andare nella stessa direzione. Così come ci sarebbe anche ING che sarebbe sperimentando qualcosa.
Un tempo banchieri di grido, oggi gregari
Colgo l’occasione di questo editoriale per invitare tutti a consultare un buon dizionario di turco. Si scoprirà che una parte rilevante del linguaggio tecnico bancario viene dall’italiano, e anzi dal veneziano. Da konto a ciro (si legge giro(conto)), passando per altre parole come appunto banka e piyasa (che sta per piazza finanziaria, detto appunto alla veneziana).
Un segnale inequivocabile del fatto che un tempo eravamo pur bravi in questo settore, e che non solo eravamo bravi, ma inventavamo e portavamo per il mondo novità che avrebbero cambiato il modo in cui si commercia.
Senza fare una disamina del grande apporto italiano, non solo di capitali ma anche di genio, al settore bancario, sarà il caso però di chiedersi com’è che su questo settore specifico il gap sia ormai incolmabile.
Non sarà questione di tare genetiche – dato che appunto abbiamo inventato “noi” il settore bancario o quasi – ma di una sorta di spettro che si aggira per l’Italia e che sembra aver terrorizzato tutti al punto tale da costringerli all’inazione.
Tutto questo nella speranza – forse mal riposta – di vedere una grande risposta anche in Italia alle mire di BCE sul controllo dei canali di pagamento. Magari con una bella stablecoin Made in Italy. Che sarebbe più intelligente da portare onchain rispetto a mozzarelle, certificazioni di Made in Italy o di autenticità dei cappotti di marca. Per carità, bellissimi, ma che poco hanno a che fare con questa tecnologia.
Criptovaluta.it® Ultime Notizie Bitcoin e Crypto News | Criptovalute Oggi

Oltre la “pigrizia”: l’Italia e la paura del nuovo paradigma finanziario.
L’articolo solleva un punto cruciale e doloroso: il ritardo dell’Italia nel campo delle stablecoin e, più in generale, dell’innovazione finanziaria digitale. Se è innegabile che banche come Deutsche Bank e Société Générale stiano già muovendosi, mentre in Italia si osserva un’inerzia sconcertante, è fondamentale andare oltre la semplice etichetta di “pigrizia”.
L’articolo cita il passato glorioso dei banchieri italiani, ma sembra ignorare le dinamiche attuali. A mio avviso, non si tratta solo di mancanza di iniziativa. Siamo di fronte a una deliberata strategia di ostruzionismo, dettata dalla paura di perdere il controllo. Il sistema bancario e finanziario tradizionale, in Italia, è ancora legato a un modello obsoleto. L’introduzione delle valute digitali e delle stablecoin rappresenta una minaccia diretta a questo status quo, mettendo in discussione il potere e l’influenza di chi oggi gestisce il sistema.
Questo immobilismo non è un atto di prudenza, ma un rischio enorme. Non possiamo continuare a ignorare l’evoluzione del mercato globale. Mentre i nostri concorrenti europei investono, sperimentano e si preparano per il futuro della finanza, l’Italia rimane ancorata a una “carta straccia” che non solo perde valore, ma che rischia di portare il Paese a un dissesto finanziario e culturale.
La vera domanda non è perché siamo in ritardo, ma fino a quando continueremo a permettere che gli interessi personali e la paura di “perdere la poltrona” prevalgano sulla necessità di innovazione. Se l’Italia vuole davvero tornare a essere un protagonista della finanza, deve smettere di guardare al passato e abbracciare con coraggio il nuovo paradigma digitale.
Ma l’abbiamo la stablecoin “made in Italy”, è la maggiore al mondo: Tether.
Poi che in Italia dal mainstream venga sostanzialmente vista come crimine è altro tema xD