AGGIORNAMENTO: Google ha ammesso l’errore e presto aggiornerà le sue linee guida ESCLUDENDO i wallet non custodial.
C’è chi è più realista del re. Un vecchio modo di dire per indicare chi si preoccupa di come stia il re più del… re stesso. È il caso di Google, che ha recentemente introdotto delle nuove policy che richiedono a ogni exchange – e soprattutto a ogni sviluppatore software di wallet – di ottenere licenza per rimanere su Google Play.
In breve: Google rimuoverà da Play Store, lo shop per le App Android, le App di sviluppatori e società che non sono in possesso di regolare licenza. Licenza che però, come vedremo più avanti, chi sviluppa software non può ottenere, almeno in Europa.
Google oltre la legge
Non c’è nessuna legge in Europa che impone agli sviluppatori di wallet software di dotarsi di licenza MiCA. Dopotutto ciò che offrono al mondo è un software per la custodia delle chiavi e per la firma di transazioni. Perché dovrebbero avere una licenza che è pensata per chi fa da intermediario?
Sta di fatto che nella nuova policy pubblicata da Google si legge:
Lo sviluppatore deve essere autorizzato come fornitore di servizi per cripto-asset (CASP) ai sensi del regolamento Markets in Crypto-Assets (MiCA) da un’autorità nazionale competente pertinente. Devono essere rispettati anche tutti gli altri requisiti legali locali, tra cui eventuali limitazioni o requisiti a livello nazionale oltre quelli previsti dal MiCA.
Il riferimento è poi a quanto indicato all’inizio di questo documento.
Per garantire agli utenti un ecosistema sicuro e conforme, Google Play ha stabilito linee guida specifiche per la pubblicazione di scambi di criptovalute e portafogli software.
Il che vuol dire che chi sviluppa wallet software crypto, anche se non ha mai custodia degli asset o delle chiavi dell’utente finale, deve comportarsi come se fosse un exchange.
Una follia bella e buona, con Google che supera ampiamente quanto previsto dalla legge in senso peggiorativo e che creerà una serie di problemi enormi agli utenti europei, almeno se utilizzano Android.
Di fatto è un ban
Un ban commerciale, perché non arriva neanche dalla legge. È Google che si comporta in modo assolutamente ingiustificato, senza che nessuna legge glielo imponga e senza che ci siano state neanche linee guida di questo tipo da parte delle autorità.
The Rage, che ha lanciato la notizia in anteprima, parla di applicazione di linee guida del FATF, che però sono state interpretate da Google in senso estensivo e senza tenere conto che il FATF non ha potere di legiferare. I suoi pareri e le sue guidance devono essere eventualmente recepite dagli ordinamenti, cosa che in questo caso non è avvenuta.
La speranza a questo punto è che Google abbia scelto parole infelici per indicare un ban dallo Store soltanto di quelle App che fanno capo a exchange che hanno deciso di non ottenere licenza. E, per quanto riguarda i wallet, soltanto a quelli custodial.
Sarebbe comunque una follia, ma certamente di magnitudo inferiore rispetto a quella che abbiamo adesso davanti agli occhi.
Dalla regolamentazione via tribunali a quella commerciale
Fa notare correttamente L0la L33tz – tra le migliori giornaliste in tema di privacy e crypto al mondo – che si è passati rapidamente dal tentativo di regolamentare tramite processo (con SEC ma anche con altre agenzie USA che durante la precedente amministrazione hanno più volte scavalcato i confini dei loro poteri) a una regolamentazione per via commerciale.
Cosa che è peggiorata dalla posizione di quasi-monopolista che Google occupa in quasi tutti i settori dove opera.
Cosa ne sarà delle mie crypto?
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