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Bitcoin: disastro commissioni, mai così male dal 2011. I dati però…

È un problema per i miner? Cosa dicono i numeri?

Nel corso della prossima settimana si susseguiranno tutta una serie di articoli dai titoli allarmistici, dato che agosto è pur sempre agosto (e dunque un periodo scarso di notizie) e dato che un attacco a Bitcoin non fa mai male, neanche durante gli ultimi giorni sotto l’ombrellone. Il punto è la quantità risibile di commissioni che i miner incassano.

E dato che i miner dipendono anche da quegli introiti, questo vuol dire che Bitcoin è spacciato, che la sua sicurezza è in pericolo e che in ultimo il modello applicato non funziona. Ma stanno davvero così le cose? È il caso di parlarne, perché in termini di BTC incassati siamo ormai ai livelli del 2011 da inizio anno. E 15 anni fa l’interesse per $BTC era certamente più basso di quello di oggi.

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Bitcoin: commissioni al minimo da tempo. Cosa sta succedendo?

Partiamo dai numeri. Da inizio 2025 c’è stata un’ulteriore flessione delle commissioni raccolte dai miner Bitcoin. Prima di guardare numeri e grafici, sarà necessario un breve riassunto per capire come funziona il mining e perché questo trend potrebbe essere preoccupante.

I miner Bitcoin sono in larga parte organizzati a livello industriale e contano su due tipi di ricavi. Il primo è la quantità di $BTC che vengono emessi per ogni blocco. Chi si “aggiudica il blocco” li riceve e può venderli per coprire le spese e – possibilmente – guadagnare.

In aggiunta però i miner Bitcoin incassano anche tutte le commissioni pagate dalle transazioni del suddetto blocco. E quindi i loro ricavi sono composti da Bitcoin di nuova emissione più i Bitcoin pagati appunto da chi vuole effettuare transazioni.

commissioni miner
In giallo le commissioni riscosse dai miner

Il sistema è simile a un’asta: più uno ha interesse ad avere la sua transazione inserita in un blocco, più paga. Più persone vogliono entrare nel blocco, più i prezzi di una transazione si alzano. Commissioni basse vogliono dire che c’è poco interesse a effettuare transazioni sul network di Bitcoin.

Il grafico che abbiamo riportato poco sopra calcola gli introiti in $BTC. Ed è il motivo per il quale appaiono così bassi, forse. Bitcoin oggi vale quasi 120.000$ e dunque in termini di BTC ci sta che si paghino un po’ meno commissioni per effettuare transazioni.

Commissioni dollari
Le commissioni in dollari – sempre in giallo

Il grafico invece calcolato in USD, che incolliamo qui sotto, racconta una storia parzialmente diversa. È vero che siamo su livelli molto bassi, ma non siamo su livelli così bassi. O meglio, non siamo ai livelli del 2011.

Perché sta accadendo questo?

In realtà nonostante un momento molto felice e di grande attenzione per Bitcoin come asset, non sembrerebbe esserci grande interesse per le transazioni da effettuare direttamente onchain.

Il grosso del trading avviene ovviamente su exchange e ora tramite ETF, che non registrano se non soltanto periodicamente transazioni onchain. Nel caso degli exchange inoltre si tratta soltanto di depositi e prelievi da parte degli utenti, che non devono avvenire necessariamente in BTC anche se si ha l’intenzione di investirci. Anzi, più probabilmente quando si tratta di depositi questi avvengono ormai o tramite il classico circuito bancario oppure tramite stablecoin.

Il “problema” della sicurezza

Questi dati torneranno a dare manforte a certe teorie ostili a Bitcoin. La più popolare è quella che riguarda il security budget. In breve: se la retribuzione dei miner non sarà sufficiente, chi proteggerà Bitcoin e il suo network?

Cosa succederà tra qualche halving, quando la parte di ricavi fissa sarà così bassa (se non dovesse salire il prezzo di BTC in modo importante) da non garantire un ecosistema economico sufficiente per la sicurezza?

Per quanto almeno in parte certe polemiche e certe domande potrebbero essere fondate, è altrettanto vero che sono problemi che, nel caso, si presenteranno tra anni. Discuterne oggi, utilizzando tra le altre cose un sistema superfisso che non tiene conto del fatto che gli altri fattori e le altre variabili cambiano nel tempo, è inutile.

E spesso è soltanto smania di trovare punti deboli in un sistema che, per 15 anni, ha funzionato meglio del proverbiale orologio svizzero.

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