Home / Gli Stati non possono bloccare le criptovalute: ecco il perché!

Gli Stati non possono bloccare le criptovalute: ecco il perché!

Andiamo ancora una volta controcorrente e partendo dai fatti delle ultime settimane affermiamo che per i governi è troppo tardi per intervenire sulle criptovalute. Un ban o una restrizione – quello che moltissimi investitori temono – non è più un’opzione sul tavolo.

Perché gli stati non possono più bloccare le cripto
Un’opinione forte, ma spiegheremo perché

I motivi che ci portano ad un’affermazione così forte li spiegheremo subito: la tesi di fondo? Bitcoin, Ethereum, ma anche Polkadot, Binance Coin, Litecoin e Dash sono troppo grandi e troppo diffuse per poter essere sotto lo scacco degli stati.

La finanza tradizionale è dentro – e non potrà uscire

Molti degli appassionati di criptovalute guardano con sospetto all’interessamento (e all’ingresso sul mercato) da parte dei fondi comuni di investimento e degli hedge. Secondo voci di corridoio, mai confermate ufficialmente, anche i potentissimi fondi pensionistici americani avrebbero già investito in prodotti collegati a Bitcoin ed Ethereum.

Questo vuol dire che un qualunque intervento statale – che porterebbe ad una perdita di valore per chi già in passato ha voluto investire su Bitcoin o sulle altre criptovalute – si tradurrebbe in perdite importanti da parte di privati sì, ma con la stessa forza di un piccolo stato.

Le aziende: non si tratta solo di Tesla

Certo, la mossa di Tesla è stata forte e inaspettata, ma non è l’unica. Elon Musk è decisamente un personaggio sui generis e che prende decisioni che gli altri CEO non sembrano pronti a prendere. Sta di fatto che l’argine è saltato e che le aziende che potrebbero entrare sul mercato sono diverse. Si è parlato di Apple – anche sulle nostre pagine, così come si è parlato di Mastercard (sbagliando), di PayPal e anche di VISA.

Quel che è certo è che anche in questo settore – e parliamo delle prime società della borsa USA – di investimenti ne sono stati fatti tanti e difficile che Washington possa mettersi di traverso. I poteri (seppure economici) sono forti e difficilmente gli USA prendono decisioni contro lo loro stesse aziende.

CME: ovvero il Chicago Mercantile Exchange

È un mercato che dirà poco ai soli appassionati di criptovalute. Ma per il mondo della finanza è il centro nevralgico del trading di futures. Tradizionalmente ci si scambiano futures sulle materie prime, ma da qualche tempo sono arrivati anche importantissimi contratti futures su Ethereum e soprattutto, da più tempo, su Bitcoin.

In molti hanno sottovalutato la portata di una notizia del genere, perché l’hanno interpretata soltanto dal lato dell’aumento di domanda. C’è un fattore – ignorato dai più – che riguarda la legittimazione di questi asset in senso finanziario. E che venga bandito il sottostante di un future quotato in un mercato del genere a noi sembra semplicemente assurdo.

E l’Europa?

Rimane la grande incognita, nonostante anche qui i segnali sono tutti positivi, almeno per chi li sa leggere. Le recenti affermazioni di Lagarde hanno denotato più la paura di BCE che la possibilità di prendere azioni decise. Potrebbero bandire gli exchange? Forse, ma con quale pretesto? Contribuiscono già seguendo pedissequamente le normative in termini di identificazione dei clienti e contribuiscono anche ad individuare l’imponibile.

Too big to ban

Parafrasando il too big to fail che vuol dire troppo grande per fallire, riteniamo che sia ormai troppo tardi per gli stati per poter imporre una stretta concreta al settore delle criptovalute. E che chi ha paura di investire per questo motivo, potrebbe cominciare a riposizionarsi.

Anche facendo qualche trade di prova con eToro (qui per il conto dimostrativo gratuito) per vedere come si muove il mercato. Mercato che è, lo ripetiamo ancora una volta, al riparo da eventuali intromissioni statali. Genera tasse, è già molto regolamentato e i grandi già vi investono: a che pro intervenire oggi?

Iscriviti
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments