Per favore, basta. Il mondo della blockchain è un libero mercato quasi perfetto: chiunque abbia le capacità può far partire il proprio progetto, scrivere le proprie regole e poi cercare di raccogliere a mercato consensi. Consensi di persone che devono metterci tempo e denaro per far fiorire suddetto progetto.
Con l’arrivo di una normativa generalmente più aperta al settore, oltre a vedere le stablecoin correre e tante società crypto quotate in borsa, è partita una nuova tendenza, quella di creare la propria blockchain in Layer 1. Il che – per i non esperti – vuol dire a conti fatti reinventare l’acqua calda, per la milionesima volta. Solo nelle ultime 48 ore sono arrivati gli annunci di Circle e di Stripe. Il terrore, almeno per chi vi scrive, e che arrivino ulteriori annunci di questo tenore anche nei prossimi giorni.
Abbiate pietà di noi
Non è la certamente la prima volta che aziende quotate e non quotate, forti e meno forti, si avvicinano al mondo della blockchain. Alcune di queste hanno lanciato prodotti anche di relativo successo – vedi PayPal con il suo PYUSD – altre hanno scelto di creare layer 2 su Ethereum, anche quelli di relativo successo come Soneium di Sony.
Dato che però governare all’inferno è sempre più allettante che servire in paradiso, l’ultimo trend sembrerebbe essere diventato quello della creazione di ulteriori layer 1, che frammentano uno spazio già parecchio frammentato, che sottraggono risorse e che creano doppioni che non interessano a nessuno, se non a chi li gestisce.
- JPMorgan ha dei motivi
JPMorgan può anche avere dei motivi nel farlo. Tant’è che lo ha fatto prima che fosse cool, raggiungendo anche dei discreti risultati. Il campo del possibile e dell’intelligente si apre però e si chiude qui, forse.
- Circle, Stripe, e altri
Circle ha annunciato nel primo pomeriggio Arc, blockchain in layer 1 che utilizzerà USDC come valuta per le commissioni e che sarà specializzata in stablecoin. Avrà un motore FX, il che vuol dire che avrà integrato in blockchain un sistema per gli scambi da token a token, ma niente che non si potesse fare creando un layer 2 o un protocollo su un layer 1 più popolare.
Stripe farà una cosa simile: starebbe costruendo Tempo insieme a Paradigm, una blockchain anche questa dedicata… ai pagamenti. Il motivo? Non ce ne viene in mente nessuno se non quello di avere dei validator interni o quasi e di trattenere eventuali commissioni.
- Database mascherati da blockchain
Tra decentralizzazione massima e centralizzazione massima sono possibili infinite soluzioni. Quando si legge però di progetti di questo tipo è difficile immaginarseli verso il fronte della decentralizzazione.
Hanno la forma di blockchain, hanno dei validator, distribuiscono certi poteri, ma in modo così blando da risultare poco più di costosissimi database che non ha senso utilizzare, perché comunque il gioco (della sicurezza) non vale la candela (dei costi e dei pericoli).
Ognuno padrone a casa sua
Questa tendenza finirà? Ce lo auguriamo fortemente, perché in realtà certe aziende, anche con il loro know-how, potrebbero aiutare certi protocolli già esistenti a nascere o comunque contribuire a certe chain e al loro sviluppo invece di diventare rapaci.
È come se ai tempi di Linux ogni azienda che vi si avvicinava (e ce ne furono di importanti come Google, Samsung, etc.) avesse deciso di contribuire zero all’ecosistema portandosi a casa solo quanto gli serviva.
È come se per fare la stessa cosa – vedi ad esempio gestire un file video – ognuno sviluppasse i suoi standard. Ci direte che è esattamente quello che è successo in altri ambiti. Io non posso che rispondervi però che i risultati (pessimi) sono sotto gli occhi di tutti.
Criptovaluta.it® Ultime Notizie Bitcoin e Crypto News | Criptovalute Oggi

non basta autodefinirsi “blockchain” per divnetarlo… quando i validatori sono selezionati da un singolo ente (cioè privati) non è una blockchain, è un database con qualche backup sparso in giro per il mondo che spreca un sacco di banda per nulla XD