Tornando alla questione delle questioni, il rapporto tra Bitcoin e dollaro, spiegato in modo eccellente da Alessandro Lavarello nel suo speciale mattutino, è tempo di guardare a cosa ci aspetta in termini di dati macro che impatteranno su USD e dunque su BTC/USD. L’evento della settimana è per mercoledì 12 marzo, quando avremo i nuovi dati sull’inflazione USA.
Sono dati importanti – perché come abbiamo già visto più volte su queste pagine – avranno un impatto sulle prossime decisioni di politica monetaria del FOMC, la riunione di Federal Reserve che decide dei tassi e di altre manovre che interessano i mercati.
Non ci si aspettano – e questo è il punto dal quale partire anche per Bitcoin e crypto – per capire davanti a quale tipo di scenario ci troviamo. L’inflazione e la sua difficoltà nel tornare verso il 2% è stato motivo di grande preoccupazione ai piani alti della politica monetaria degli Stati Uniti. Il dato che arriverà e che è stato già scontato dai mercati parla di un leggero ribasso rispetto alla lettura precedente. Cosa vuol dire per i mercati?
Nel corso degli ultimi due anni anche gli investitori nel mondo Bitcoin e crypto hanno iniziato a interessarsi di inflazione. Cosa saggia, a dire il vero, perché questa rimane una delle due grandezze macroeconomiche più interessanti per anticipare le mosse future di Federal Reserve in termini di tassi.
Sarà il caso di tornare un po’ indietro per capire a che punto siamo. La crisi COVID e le misure di contrasto alla depressione economica che ne è derivata hanno portato l’inflazione alle stelle. Inflazione che è ampiamente rientrata, ma che rimane di molto sopra il livello target delle principali banche centrali che è del 2%. Negli States, inoltre, la fatica è maggiore rispetto a quella che abbiamo affrontato in Europa.
Questo ha portato Federal Reserve a essere molto più prudente sui tagli ai tassi. Siamo allo stop – e per il 2025 i mercati prezzano ora soltanto 2-3 tagli di 25 punti base e dunque una riduzione dei tassi complessiva di soli 50-75 punti base (0,50%-0,75%).
Altra premessa: teoricamente agli asset risk-on come Bitcoin e crypto piacerebbero tassi più bassi. Ma non si può avere tutto dalla vita.
Le aspettative sono a +2,9% per la CPI classica su base annuale. Non dovrebbe essere il dato più importante (si guarderà alla Core con maggiore attenzione, che toglie costi energetici e alimentari, che sono più volatili in genere) e comunque non questo il valore che Fed vuole vedere al 2%.
Detto questo, un dato sull’inflazione più basso – che arriverebbe in concomitanza di pessime previsioni che riguardano l’andamento dell’economia USA – potrebbe riportare sul tavolo il discorso tagli, per quanto questo sembri assurdo per marzo.
Ci sono infatti almeno due questioni: anche se la situazione economica dovesse degradare rapidamente, non lo sapremo prima di fine aprile in modo concreto. Secondo: l’amministrazione Trump sta facendo pressioni per avere tassi più bassi. Data la volontà – comprensibile – di Fed di apparire come indipendente dal potere politico, si cercherà di tirare il più a lungo possibile, almeno sul breve e almeno fino a quando non ci saranno delle condizioni evidenti che impongono i tagli.
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