Sono tutti matti? Vogliono distruggere i mercati? Perché continuano le dichiarazioni poi ritrattate, le sparate a mercati aperti, che affondano la borsa americana e di conseguenza impattano anche su mercati crypto e Bitcoin? La spiegazione che siano tutti matti è semplice, rassicura (ma non troppo) ed ha dunque fatto il giro del mondo.
Dall’altro però ci piacerebbe svolgere un’analisi più concreta, partendo dall’assunto che almeno qualcuno nel governo USA sappia cosa sta facendo, che abbia contezza di quelli che sono gli effetti di certe uscite e se vogliamo anche dei dazi.
Anche per proteggerci – e proteggere il nostro capitale – dalla pazzia, e metterlo al riparo da quelli che potrebbero essere davvero gli effetti di breve e medio periodo. Nel frattempo, se vuoi aggiornarti sui segnali ONCHAIN che riguardano Bitcoin, leggi qui l’approfondimento – che segnala una calma prima di una grande tempesta.
È un’ipotesi non così originale, ma che è stata spiegata qui da Geiger Capital. Trump si sta auto-Volckerizzando. Per chi non è granché preparato in storia economica, il riferimento è a Paul Volcker, storico presidente di Federal Reserve, che per far rientrare gli USA da una terribile inflazione abbatté letteralmente l’economia a colpi di tassi da capogiro. Il grafico qui sotto dovrebbe essere esplicativo. Volcker se ne assunse la responsabilità – oggi viene correttamente ricordato come uno degli eroi dell’America – e subì anche attacchi fuori da Federal Reserve, anche dagli agricoltori.
Nel grafico i tassi (guarda la percentuale a sinistra) durante l’era Volcker – in grigio le due recessioni.
L’ipotesi prima è dunque che Trump, forte anche di un indubbio sostegno politico uscito dalle urne, abbia deciso per il salasso nei primi mesi del suo mandato. Le borse (con gli altri fondamentali che sembrano comunque ok) ne avrebbero risentito. Ha detto di non volersi curare dei movimenti di breve, e quindi la teoria… avrebbe anche un senso.
Nel grafico l’inflazione del periodo Volcker. Anche qui consigliamo di guardare ai numeri a sinistra.
Prima di fasciarsi la testa e aspettarsi delle catastrofi in stileVolcker,c’è da dire che le previsioni, per quanto diano un rallentamento dell’economia USA, non sono così pessimistiche. Volcker affrontò due recessioni nel giro di 2 anni. Noi potremmo cavarcela con meno, molto meno. E forse anche su un periodo più breve, parte del quale potremmo esserci già lasciati alle spalle.
C’è una seconda ipotesi. I dazi, che sono poi il tema principale di queste ultime settimane, così come lo sono i tagli alla spesa pubblica. Sono due manovre che hanno effetto compressivo sul breve sull’economia, e che dunque sono state accolte dai mercati con un certo scetticismo.
A prescindere dall’esistenza del piano dei piani di cui al punto 1, la questione far tornare il deficit e il debito sotto controllo potrebbe essere non più rimandabile. Sul tema è stato lanciato un allarme anche da Larry Fink, che ha parlato di necessità di riportare tali grandezze nell’alveo della normalità e della sostenibilità, pena il perdere anche il primato del dollaro a livello globale.
Purché non si finisca per ammazzare il paziente, potrebbe essere un’opzione tutto sommato sensata, o meglio, l’unica opzione sul tavolo.
Durante la sessione USA probabilmente continueranno a seguire la traiettoria delle borse. Domani, 2 aprile, potremo sgomberare il campo quantomeno dall’incertezza sui dazi.
Da lì avremo un punto per capire – per quanto al netto di certe preoccupazioni che girano sui social, almeno tra gli analisti con la A maiuscola, l’ipotesi sciagura è per ora da scartarsi.
C’è motivo di ottimismo? Si può tornare rapidamente a ruggire? Il sentiment, come dovrebbero averci dimostrato queste ultime settimane, si regge su equilibri in realtà molto precari. E basterebbe poco per rivedere un entusiasmo di quelli di tempi non troppo lontani.
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