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“Niente crypto, siamo inglesi” | Europa batte UK (dicono)

Nel Regno Unito enormi difficoltà per un conto bancario se si è una società crypto. Ecco cosa racconta Bloomberg.
1 anno fa
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La difficoltà di accesso da parte dei business crypto al sistema bancario negli USA è ormai fatto acclarato – e che abbiamo discusso ampiamente su queste pagine. Secondo un recente articolo di Bloomberg, una situazione analoga si starebbe però sviluppando anche nel Regno Unito, dove il primo ministro, almeno sulla carta, sarebbe decisamente più aperto a questo tipo di attività e affari.

E sempre secondo quello che riporta Bloomberg, diverse aziende si sarebbero già rivolte, per protestare, al governo del Regno Unito, per una situazione che non promette nulla di buono e che almeno in parte era nota a chi segue Criptovaluta.it. Tra blocco dei trasferimenti verso gli exchange e restrizioni anche per i business collaterali, esce fuori un quadro a tinte parecchie fosche per Londra.

Una situazione analoga a quella europea? Stando a quanto ci hanno raccontato alcuni exchange no, perché in Europa essere exchange in qualche modo registrati garantirebbe, almeno sulla carta, accesso a questo tipo di necessari servizi.

Cosa racconta Bloomberg

Il caso raccontato da Bloomberg è, tra i tanti, quello di SavingBlocks, società con uffici nell’East London e che avrebbe già 200 clienti che stanno testando i suoi servizi. Nonostante si tratti di un business più che legittimo, il titolare avrebbe avuto però enormi difficoltà – da più di un anno – ad ottenere un conto bancario e servizi bancari collaterali.

SavingBlocks ha fatto richiesta a 9 diverse banche per un account corporate ed è stato rifiutato da 7 di queste. Nei mesi passati, le due che non avevano rifiutato hanno iniziato a richiedere documentazione aggiuntiva, come uno screening completo delle transazioni dei clienti.

Difficoltà meno importanti, dicono, in Europa

Una situazione in realtà già nota, dato che gruppi come NatWest, HSBC e altri di queste dimensioni hanno pubblicamente annunciato mesi fa di non voler avere nulla a che fare con certi trasferimenti di denaro.

Non ci sono molte opzioni a disposizione – le banche tradizionali non vogliono offrire servizi bancari alle aziende crypto – con quanto accaduto di recente sarà ancora più difficile. Stiamo cercando di ottenere una licenza in Francia, dove dovrebbe essere più facile.

Questo il commento di Edouard Daunizeau, che dal nome tradisce un qualche legame con la Francia (cosa che suscita in alcuno qualche sospetto). Sospetti di uno spot francese o meno, rimane una situazione molto complicata in un paese dove il Primo Ministro Sunak si era espresso più volte a favore della creazione di un hub per le crypto proprio a Londra, per rivaleggiare con altri centri su scala mondiale.

Parla anche Coinbase

Sulla questione Bloomberg ha raccolto anche l’opinione di Tom Duff-Gordon, che è vice presidente della international policy da Coinbase.

La reazione del sistema bancario del Regno Unito è stata più forte di quella nell’Unione Europea.

Un altro segnale del fatto che almeno in qualche paese dell’unione potrebbe essere più facile fare business legato a questo comparto. Cosa che sarebbe facilitata, secondo quanto riporta anche Coinbase, dalla futura introduzione del complesso regolamentare crypto al quale si fa riferimento con il nome di MiCA.

Per quanto siano interessanti tali punti di vista, andrà però anche ricordato quanto approvato in commissione soltanto qualche giorno fa. Ok per i business crypto, ma cosa ne sarà, nell’Unione, della libertà degli utenti di interagire come meglio credono e come, in fin dei conti, è più sicuro anche per loro? Se Atene piange, si diceva un tempo, Sparta non ride.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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