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Crypto e Bitcoin tornano a Hong Kong | Verità sulla NUOVA LEGGE

Spinta da diversi big player, la questione Hong Kong sembra diventata cruciale per Bitcoin e crypto. Ma è davvero così?
12 mesi fa
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Il gran giorno è arrivato, per quanto la notizia sia forse da ridimensionarsi. A Hong Kong tornerà ad aprire i battenti il trading sulle principali criptovalute per gli investitori non professionisti, per un cambio di rotta della città stato che era stato annunciato ormai mesi fa.

Gli exchange potranno iniziare a offrire account anche se momentaneamente sprovvisti di licenza secondo il nuovo regime, godendo di un periodo di grazia di 18 mesi, entro il quale però dovranno dotarsi di suddetta licenza.

La notizia è stata interpretata da più fonti – e da più personaggi autorevoli – come il segnale del ritorno nel settore della Cina, paese che nei confronti delle criptovalute – che si tratti di mining o di trading – ha ormai da tempo un atteggiamento estremamente restrittivo, fatto principalmente di divieti. Con la Cina che è al centro essa stessa di una narrativa bullish sul suo futuro, la notizia non ha potuto che eccitare gli animi di diversi appassionati. Ed essendo arrivato il 1^ giugno – l’ora X per l’avvio delle operazioni – sarà il caso di fare il punto.

Cosa sta succedendo a Hong Kong

Su quanto riteniamo che sia esagerata una certa narrativa, abbiamo già speso qualche parola in uno speciale di ieri. Ci torneremo tra poco, dopo aver analizzato cosa si potrà e cosa non si potrà fare a Hong Kong.

  1. Gli exchange potranno offrire account anche a clienti retail

In altre parole tutti gli exchange che lo vorranno, potranno iniziare a offrire degli account per la compravendita e il trading di criptovalute e Bitcoin sostanzialmente a chi vogliono.

  1. Solo per i residenti a Hong Kong

Non servirà avere un passaporto di Hong Kong, ma basterà essere residenti. Questo vuol dire che i cittadini cinesi potranno aprire account, ma a patto che siano residenti della città stato. La differenza è importante per chi crede che questa apertura sia il segnale inequivocabile del ritorno cinese, in massa, su questo mercato.

  1. Un periodo di grazia di 18 mesi

Gli exchange avranno a disposizione 18 mesi per completare le complicate procedure di registrazione, che prevedono anche l’offerta di determinate garanzie a tutela del patrimonio di chi investe.

  1. Cina e Hong Kong hanno due regimi diversi

Per quanto le decisioni ultime sulle leggi di Hong Kong possano spettare potenzialmente alla Cina, è estremamente difficile interpretare questa nuova apertura agli exchange come una sorta di apertura di Pechino. Hong Kong ha leggi proprie, spesso proprio in ambito finanziario meno restrittive di quelle cinesi. Anche a questo regime di un paese, due sistemi legali Hong Kong continua a essere la piazza fondamentale per gli investimenti anche nell’economia cinese.

  1. Ci sono già diversi exchange che si stanno muovendo

Huobi legato a Justin Sun di Tron ha già confermato l’avvio delle operazioni. Lo ha fatto anche Gate.io, così come BitMEX, exchange con volumi certamente ridotti rispetto ai top a livello mondiale e che stanno cercando di anticipare i big. Tra i più interessanti per volumi, anche OKX ha confermato l’interesse a operare presto a Hong Kong. Tra gli ultimi ad aver annunciato interesse c’è anche BitMart.

Cosa dicono da Hong Kong?

In un lungo approfondimento Xinmei Shen ha raccolto diversi pareri nella città stato e non tutti rispecchiano la narrativa spinta da diversi specialisti del settore legale e finanziario di Hong Kong.

Gli obblighi e i costi di compliance sono significativi, ma non sembrerebbero aver fatto rinunciare gli exchange che vogliono avere accesso al mercato di Hong Kong. Siamo stati inondati di richieste da parte di market player esistenti o nuovi che vogliono ottenere licenza a Hong Kong.

Questo il commento di Joy Lam, che opera nello studio legale Baker McKenzie proprio a Hong Kong.

Per Peter Brewin di PwC Hong Kong ci sarà bisogno però di rimuovere altre restrizioni, principalmente per il mercato dei derivati e degli stablecoin.

C’è una grande domanda da parte dei player istituzionali come i fondi hedge per un mercato dei derivati che sia altamente regolato. Tuttavia il nuovo regime non permette agli exchange di Hong Kong di offrire questi prodotti, forzando potenzialmente gli interessati a operare offshore. La capacità di offrire un regime regolamentato per i derivati cripto potrebbe attrarre una quantità di business interessante a Hong Kong: i volumi sono più interessanti di quelli spot.

Sì, l’altro punto riguarda i derivati

Il mercato Bitcoin e cripto è dominato, per volumi, dai derivati, come opzioni e futures. È qui che si sta giocando la vera lotta tra grandi exchange e la mancanza di una regolamentazione per questo mercato sarà con ogni probabilità uno dei motivi della delusione futura di chi crede che questa sia una grande rivoluzione.

I punti salienti del ritorno Bitcoin e crypto a Hong Kong

Il clima è comunque positivo

Per chi arriva dall’Europa, dove il grosso delle banche ostracizza ancora il mondo crypto, sarà sorprendente leggere opuscoli, lettere e informazioni offerte dalle grandi banche – vedi HSBC qui per chi dovesse avere interesse ad aprire un crypto exchange a Hong Kong.

Questa è forse la migliore delle notizie che arriva da Hong Kong e dalla sua recente apertura al mondo crypto. In attesa che questa apertura diventi più significativa anche per scopo.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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