Il gruppo di hacker norcoreano Lazarus Group si è visto sequestrare circa 5 milioni di dollari in stablecoin, in seguito ad un’indagine partita dal popolare ZachXBT. I fondi sono una piccola parte degli introiti di uno dei gruppi più conosciuti al mondo per questo tipo di operazioni.
Il sequestro dei fondi ha visto la collaborazione degli emittenti di stablecoin Tether e USDC, che hanno utilizzato i poteri di cui sono dotati dagli stessi smart contract di USDT e USDC per congelare i fondi in questione. Nel complesso il gruppo sarebbe accusato di aver riciclato oltre 200 milioni di dollari provenienti da hack o da altre attività illecite.
L’indagine ha visto inoltre la partecipazione da parte di diversi gruppi del mondo crypto, tra i quali Binance, Metamask, TRM Labs e Five I.
Sono stati sequestrati gli stablecoin contenuti in due diversi indirizzi. Indirizzi che secondo quanto riporta The Block contengono ancora circa 1 milione di dollari in altri stablecoin e crypto, nello specifico $DAI e Ethereum, con quest’ultimo che per natura tecnologica non potrà essere sequestrato.
I due indirizzi in questione, secondo quanto è stato riportato dallo stesso ZachXBT – qui il tweet – sono finiti nella blacklist di tutti i principali emittenti di stablecoin, da Tether a Circle per USDC, includendo anche TUSD e Paxos.
C’è stato spazio anche per una polemica che riguarda le tempistiche con le quali i gestori degli stablecoin hanno risposto alle richieste di sequestro.
Secondo quanto riportato da ZachXBT, Circle avrebbe impiegato ben 4,5 mesi per bloccare i fondi successivamente alla richiesta degli investigatori. E Circle – cosa che è emersa sempre all’interno della stessa polemica, non avrebbe un team dedicato a rispondere a questo tipo di richieste, nonostante i più di 1.000 dipendenti. Polemica ora comunque rientrata, dato che i fondi sono stati bloccati.
Nel caso di token ERC20 gestiti tramite smart contract, è possibile farlo in alcuni casi. O meglio, il gestore dello smart contract di gestione del token può congelare fondi, impedendo a certi indirizzi di effettuare transazioni e rendendo quei token di fatto bloccati per sempre.
Si tratta di operazioni che si stanno facendo sempre più frequenti e che contribuiscono a smentire quel luogo comune di un mondo crypto terra di conquista per hacker e truffatori. La tecnologia, almeno in alcuni casi, per effettuare sequestri c’è.
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