Jamie Dimon non è certamente nuovo a uscite che gli fanno guadagnare le prime pagine dei giornali. Oltre a essere il CEO di JPMorgan, è infatti anche un oratore di quelli con pochi peli sulla lingua e che non hanno paura di lasciare di stucco il proprio pubblico. Dimon è anche uno dei più scettici su Bitcoin – tutte qualità che ha confermato venerdì, al Reagan National Economic Forum a Simi Valley.
Il governo USA? Dovrebbe avviare una riserva di missili e non di Bitcoin, per garantire e proteggere la propria sicurezza nazionale. Una sorta di Bitcoin o cannoni che ci fa ripiombare, almeno idealmente, in una delle epoche più buie anche in termini di slogan.
Con un pizzico di nervosismo da parte di zio Jamie, che nonostante in quel di Davos ebbe ad affermare che non avrebbe mai più parlato di Bitcoin, come tanti sembrerebbe non poterne fare a meno. Perché Bitcoin, tanto per rimanere nel campo delle citazioni più o meno nobili, finisce sempre per logorare chi non ce l’ha.
Come è noto, JPMorgan alla fine ha dovuto arrendersi. Consentirà ai propri clienti di acquistare Bitcoin, pur non offrendo alcun tipo di servizio aggiuntivo (vedi custodia), per i quali si affiderà a terze parti. Un passaggio quasi obbligato per una banca d’affari e gestore di investimenti che ha dovuto seguire, volente o nolente, il trend dominato da BlackRock.
Bitcoin è diventato improvvisamente cool anche tra quegli investitori che per anni ci hanno ammorbato ricordandoci quanto poco intelligente fosse l’idea di avere BTC in portafoglio come investimento, anche grazie al cambio di paradigma di giganti di Wall Street come Larry Fink. Tuttavia Jamie Dimon, pur essendone costretto dai trend di mercato, non ne è pienamente convinto. E non è neanche convinto (in realtà è in ottima compagnia) che sia una buona idea per il governo degli Stati Uniti iniziare a accumularne.
Durante la stessa kermesse ha infatti affermato che gli Stati Uniti dovrebbero investire in risorse militari piuttosto che concedersi Bitcoin nelle proprie casse. Un punto di vista condiviso da molti e che però diventa l’ennesima occasione per attaccare Bitcoin e chiunque vi abbia creduto.
Se dovesse scoppiare una guerra nel Mar Cinese Meridionale abbiamo missili per 7 giorni. Non è qualcosa che dovremmo dire con tranquillità. Abbiamo bisogno di agire e non solo di parlare.
Un Jamie Dimon molto cupo – che qualcuno accuserà di essere un guerrafondaio (rinfacciandogli interessi nell’industria) e che altri invece riterranno il famoso canarino nella miniera, che descrive plasticamente le situazioni di pericolo mentre tutti o quasi se ne disinteressano.
La Cina ha i suoi problemi. Ciò che mi preoccupa di più però siamo noi – i nostri valori, le nostre capacità, la nostra capacità di amministrare. È il vero nemico interno.
Sul mondo spirano venti di guerra – e a quanto pare potrebbero rendere la strategia americana su Bitcoin sacrificabile. Per quanto si possa essere d’accordo o meno, le parole di Dimon faranno, anzi hanno già fatto il giro del mondo. E sono già fonte di accesa discussione anche sul nostro Canale Telegram Ufficiale.
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