Non capita soltanto agli scappati di casa. Il rapporto tra appassionati crypto e mondo bancario non è mai stato dei migliori. E gli appartenenti al secondo non sempre sono stati morbidi verso chi fa parte del primo insieme. Tra questi anche Brad Garlinghouse, leader di Ripple, che afferma di essersi visto chiuso i conti in banca da Citi proprio per il suo ruolo nel mondo crypto.
Qualcosa che hanno sperimentato – su livelli magari diversi – anche molti degli appassionati crypto in Italia, che ricevono costantemente blocchi, telefonate minacciose da parte degli istituti bancari e che subiscono altri tipi di angherie con l’unica colpa di aver interagito con Bitcoin e crypto.
Da oggi si può dire di essere in ottima compagnia. E anche che i milioni di dollari in un conto in banca non aiutano. Ma vediamo cosa è successo a Brad Garlinghouse e perché questo dovrebbe essere un segnale di sveglia per molti, anche in relazione a quanto sta accadendo in Italia.
Brad Garlinghouse è il leader di Ripple, uno dei progetti più importanti per capitalizzazione del mondo crypto e anche uno dei pochi ad avere una struttura societaria in vecchio stile. Nonostante ciò però, neanche a Brad Garlinghouse è stato risparmiato l’eccesso di zelo delle banche nel rendere chiaro che sono – sempre – dalla parte della barricata del governo.
E sempre secondo quanto ha riportato Brad Garlinghouse – e che non è stato oggetto di alcuna smentita da parte dei diretti interessati – anche altri personaggi noti del mondo crypto sarebbero stati sottoposti allo stesso medesimo trattamento. Una situazione complessivamente angosciosa e che fa parte di una guerra invisibile al settore che viene portata avanti con qualunque mezzo possibile.
Ad ulteriore aggravamento della circostanza, Garlinghouse ha affermato di aver avuto rapporti da cliente con Citi per più di 25 anni.
Non si tratta soltanto di una questione di soldi e di accesso al sistema bancario. I sistemi centralizzati, quando sono per i pagamenti oppure anche per la pubblicazione di contenuti, espongono chiunque si faccia portatore di opinioni difformi alla scure della censura.
È estremamente più facile attaccare i pochi nodi del sistema finanziario o del sistema di internet vecchio stampo, che attaccare network che – chi più chi meno – sono maggiormente distribuiti.
Ed è per questo che l’approfondimento in questione è finito nella nostra sezione Web3: perché anche da lì passerà una parte fondamentale delle nostre libertà. E perché per quanto in tanti vedano in questa locuzione un insieme fumoso di caratteristiche mal definite, c’è tanto che si sta facendo.
Dallo storage alla pubblicazione di contenuti: molto di quello che siamo oggi abituati a fare sul vecchio internet centralizzato dovrà necessariamente trovare altri sbocchi. Perché come è chiaro dal caso Garlinghouse, non serve neanche essere condannati per essere espulsi da servizi che oggi sono necessari per vivere.
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