USA e Giappone sono i primi paesi per traffico generato nel mondo delle criptovalute, secondo un recente studio pubblicato da The Block, che ha appunto analizzato la provenienza del traffico su tutte le principali reti destinate allo scambio e al mining delle più popolari criptovalute.
Nel 24,5% del traffico totale sui principali exchange di criptovalute proverrebbe appunto dagli Stati Uniti, con il Giappone distante secondo al 10%.
A seguire Stati Uniti e Giappone sono comunque due paesi asiatici. La Corea del Sud impatta per il 6,5%, mentre invece l’Indonesia è quarta al 4,5%. Dominano dunque, oltre agli Stati Uniti, paesi del lontano oriente, tra i primi ad essersi interessati a questo nuovo modo di fare economia e soprattutto paesi dove anche le principali istituzioni sono già a buon punto per l’implementazione di queste tecnologie in produzione.
La ricerca è stata realizzata analizzando i dati degli exchange che totalizzano la gran parte degli scambi, tenendo conto degli IP utilizzati dagli utenti.
Vale la pena di sottolineare però che per alcuni paesi dove le attività sulle criptovalute non sono legali o comunque ostacolate, i dati non sono attendibili. Quegli utenti infatti potrebbero infatti utilizzare VPN per mascherare le loro origini e dunque avere accesso appunto agli exchange.
Nonostante la situazione in Europa sia tutto fuorché rosea, vale comunque la pena sottolineare quanto raggiunto dall’Italia come risultato. Il nostro Paese è infatti terzo all’interno della speciale classifica dell’UE, seguendo appunto Regno Unito e Germania, ma avanti a Francia e Spagna.
Un paese di innamorati delle criptovalute? Non esattamente, anche se comunque i dati sono incoraggianti, tenendo anche conto della tradizionale resistenza del nostro Paese, anche in ambito finanziario, alle ultime novità.
Siamo comunque lontani da quanto fatto registrare da paesi demograficamente più importanti.
Per quanto riguarda invece la ripartizione per abitanti e per continente, sono sempre i nordamericani a guidare la classifica, seguiti da europei, australiani, asiatici, sudamericani e poi africani.
Forse inutile anche sottolinearlo, ma dallo studio pubblicato da The Block si evince anche che i paesi con un PIL pro capite più elevato operano con maggiore frequenza sugli exchange di criptovalute.
Per quanto riguarda però i destini di criptovalute e blockchain, sarà molto più importante valutare nel tempo il grado di adozione a livello enterprise, ovvero in ambienti produttivi.
Qui si sta muovendo un po’ di tutto anche in Europa, nonostante comunque il nostro continente rimanga, soprattutto se dovessimo tenere conto del livello economico, non tra i più attivi!
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